Articolo pubblicato per HuffPost Italia

Tra qualche giorno il governo presenterà al Parlamento la relazione sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (Bes). Si tratta di un documento introdotto per la prima volta nel 2018 all’interno del quale l’esecutivo pubblica una previsione sull’evoluzione nel prossimo triennio di 12 indicatori statistici, sulla base dell’impatto della legge di bilancio.

Tali indicatori servono a mappare il benessere degli italiani, per essere affiancati al Pil e alle altre misure economiche tradizionali e avere una percezione più ampia, ma comunque rigorosa dal punto di vista scientifico, della qualità della vita dei cittadini.

Fino a oggi, tuttavia, questa utile pratica non ha purtroppo prodotto alcuna eco rilevante nell’opinione pubblica: come avevamo già sottolineato qualche mese fa, sia il rapporto presentato a febbraio dell’anno scorso, sia i documenti allegati rispettivamente al Def 2017 e al Def 2018 hanno ricevuto scarsa attenzione persino dagli addetti ai lavori.

Eppure i numeri contenuti nei documenti erano potenzialmente di grande impatto: raccontavano un’Italia sempre più spaccata in due. La mancanza di attenzione rischia di vanificare uno dei principali obiettivi di questo esperimento, ovvero aumentare l’accountability dei politici, fornendo all’opinione pubblica un valido strumento per misurare la loro capacità di migliorare il benessere.

Il rapporto che sarà presentato nei prossimi giorni rappresenta quindi un’opportunità da non sprecare: ci sarà una finestra di tempo in cui ci si potrà confrontare, numeri alla mano, sulle condizioni di vita nel nostro Paese. Vi saranno inoltre alcuni aspetti più interessanti del solito.

In primo luogo, potremo farci un’idea dell’impatto che avranno le due misure economiche più discusse degli ultimi mesi, il reddito di cittadinanza e quota100: le previsioni presentate dal governo infatti terranno conto della loro implementazione. Cosa accadrà, per esempio, al reddito disponibile in tasca agli italiani? Come cambierà la disuguaglianza economica?

In secondo luogo, le previsioni risentiranno del deterioramento dello scenario economico degli ultimi mesi, in particolare della brusca frenata della crescita, e sarà quindi interessante osservare la differenza rispetto alle previsioni dello scorso anno. Mentre nel dibattito pubblico si tende a leggere i dati sul Pil e sul mercato del lavoro come freddi numeri, il rapporto sugli indici di benessere permetterà di comprenderne l’effetto su aspetti molto più vicini al sentire quotidiano dei cittadini (come salute, istruzione, ambiente).

Infine, sarà interessante osservare l’orientamento del governo in materia. In particolare, ricordiamo che lo slogan elettorale del Movimento 5 Stelle è stato “migliorare la qualità della vita degli italiani”: apparentemente, dunque, gli indici di benessere si sposano perfettamente con questa impostazione e potrebbero rappresentare una risposta compensativa per i pentastellati alle deludenti performance degli indicatori economici tradizionali.

Il nostro, quindi, è un appello: sfruttiamo la presentazione del rapporto nei prossimi giorni come un’occasione per parlare del benessere degli italiani sulla base di dati attendibili.

In un’economia stagnante in termini di Pil pro capite da oltre 20 anni, è importante analizzare quale è stato l’andamento nelle altre dimensioni fondamentali del benessere dei cittadini: dalla salute all’ambiente, dall’istruzione alla sicurezza.

Sono dimensioni che, seppur legate alla ricchezza prodotta, potrebbero infatti non essere perfettamente correlate con il Pil e ci potrebbero consegnare un disegno diverso e più dettagliato del nostro Paese. Questo ci permetterebbe di discutere con maggiore cognizione di causa se la strada compiuta fino a ora ci sembra soddisfacente e se il percorso imboccato negli ultimi mesi ci condurrà davvero ad un’Italia migliore.

È anche il momento di discutere degli obiettivi che, come Paese, ci possiamo porre rispetto a una crescita equa e sostenibile del benessere.

L’esperimento dei Bes può avere successo solo se i numeri del Governo diventano materiale di discussione per gli addetti ai lavori e anche per l’opinione pubblica nel suo insieme. Non lasciamo che anche questa volta passino sotto silenzio.

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