Articolo scritto per Econopoly – Il Sole24Ore
In un recente articolo abbiamo esaminato i rischi dell’attuale politica monetaria condotta dalla Banca Centrale Europea: i vantaggi di tassi bassi e ingenti acquisti di asset sono compensati da una serie di effetti collaterali che riducono gradualmente il beneficio netto dell’allentamento monetario stesso, fino a rischiare di oscurarlo del tutto. La nuova presidentessa della Bce, Christine Lagarde, ha confermato tale tesi e ha esortato i paesi con spazio fiscale a investire nell’economia reale in maniera tale da rendere più efficace l’azione monetaria. Inoltre, rompendo ogni indugio, Lagarde ha nominato i paesi che dovrebbero incrementare lo stimolo fiscale: Germania e Olanda dovrebbero investire maggiormente in infrastrutture, educazione ed innovazione.
Insomma, è stato dato un segnale chiaro, in linea con le passate raccomandazioni di Draghi, ma con un colore ben più politico. Prima di procedere, ricordiamo che politica fiscale e monetaria hanno il compito di stabilizzare l’attività economica nelle fasi di recessione così come in quelle di espansione. La politica fiscale, a tal fine, deve essere anticiclica, ovvero immettere più risorse nell’economia nei tempi difficili e risparmiare durante periodi di crescita, così da avere le risorse necessarie per combattere la recessione successiva.
Il ruolo degli stati membri
Tornando a Germania e Olanda, i due paesi sembrano essere nelle condizioni di stimolare le rispettive economie domestiche e, di riflesso, quella europea, con adeguati stimoli fiscali. Come è possibile osservare dai dati della tabella seguente, tra i più grandi paesi europei solo Germania e Olanda hanno la capacità di incrementare lo stimolo fiscale sulla base delle regole di bilancio comunitarie. Più precisamente, nella colonna 5 viene ricavato lo spazio fiscale come differenza tra il saldo strutturale del 2019 (colonna 2) e l’obiettivo a medio termine (colonna 3).
Occorre specificare che la politica fiscale, idealmente, dovrebbe sempre conciliare la sostenibilità del debito pubblico con la stabilizzazione e il sostegno all’attività economica. Sforando le regole europee, ma senza compromettere tale sostenibilità, si stima che Germania, Olanda, Irlanda, Finlandia e Austria abbiano uno spazio fiscale tra il 3 e il 4% del loro Pil. Sfruttato adeguatamente, tale spazio contribuirebbe significativamente a evitare un’eventuale crisi.
Gli stimoli risulterebbero efficaci nelle economie domestiche, sollevandole dalla congiuntura economica negativa di bassa crescita ed inflazione. Quale l’impatto sulle economie degli altri paesi europei? Vi sono diversi studi che mostrano come gli spilloversarebbero di modeste dimensioni. La stima più recente prevede che per un incremento dell’1% del Pil nella spesa pubblica tedesca e olandese, il Pil degli altri paesi dell’Eurozona aumenterebbe dello 0.1 – 0.2%. Quindi, il rischio è di aumentare le tensioni all’interno dell’Unione per ottenere policy che attenuerebbero il problema senza risolverlo.
Dove si colloca la Bce in questa decisione?
In Europa vige un’importante separazione a livello istituzionale tra autorità fiscali e autorità monetaria. Lagarde può solo limitarsi a tentare di persuadere il Consiglio Europeo affinché vengano attuate politiche fiscali adeguate alla congiuntura economica. In tal senso, la sua esperienza politica potrebbe essere cruciale. Tuttavia, come evidenzia Reichlin, gli stati membri risponderanno ai suoi appelli solo se questi saranno allineati alle rispettive agende nazionali. In mancanza di un coordinamento europeo, la Bce rimarrà sola a stabilizzare l’economia del continente, rischiando di attirare su di sé ulteriori critiche. Inserirsi nella discussione sui bilanci dei singoli paesi è davvero il modo migliore di spendere il capitale politico di Francoforte? Negli anni della crisi la Bce è riuscita a mantenere saldo l’orizzonte comunitario nella sua azione di stabilizzatore macroeconomico. Anche nel Consiglio Direttivo della Bce si sono aperte spaccature tra i paesi membri, ma in maniera meno significativa rispetto agli altri organi UE, spesso bloccati da veti incrociati. Lagarde dovrebbe inserirsi il meno possibile in queste tensioni tra stati, operando a livello sovranazionale per salvaguardare l’indipendenza della banca centrale e adempiere a pieno al suo mandato.
Una soluzione comunitaria
Il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente rimarcato come le debolezze nel commercio e nel settore manifatturiero rischino di contagiare il resto dell’economia europea. Per affrontare queste sfide, il FMI raccomanda una risposta fiscale sincronizzata di fronte ad un’eventuale crisi economica. In questa ottica, l’azione di Lagarde dovrebbe inserirsi in una partita ancora aperta, quella del Budget 2021-2027, e tentare di salvare il nucleo di un budget comune anticiclico. Procediamo con ordine.
Ad oggi, il budget comunitario non ha una dimensione anticiclica; ogni anno entrate e uscite devono essere equivalenti, indipendentemente dalle contingenze economiche. Inoltre, la spesa comunitaria (140 miliardi) è pianificata ogni 7 anni. Tuttavia, un’unione economica completa necessita di un budget anticiclico, in grado di espandersi durante le recessioni per sostenere l’attività economica e contrarsi in fase di recessione. Ciò comporta quella famosa condivisione del rischio che i Paesi del nord sono restii ad adottare, temendo comportamenti di azzardo morale da parte dei partner meridionali.
Negli ultimi anni, il presidente francese Macron ha rilanciato l’idea di un budget fiscale comune, ossia un veicolo per investimenti comunitari. Per mancanza di consenso, tale slancio ha portato alla nascita del ben più modesto Budget per la Convergenza e la Competitività (Bicc), che mostra due importanti criticità:
– Essendo incluso nel framework del Budget settennale, non presenta alcun principio di anticiclicità.
– Rispetto agli ambiziosi obiettivi che il governo francese si era posto, le sue dimensioni sono irrisorie: si parla di circa 17 miliardi per l’intero periodo 2021-2027.
Il Bicc pertanto non soddisfa le caratteristiche necessarie, individuate da Draghi, per essere uno strumento fiscale efficace: dimensioni adeguate e un’architettura tale da evitare comportamenti di azzardo morale. Non si qualifica nemmeno come strumento anticiclico. Sarà destinato infatti a investimenti pubblici e riforme strutturali al fine di aumentare la crescita potenziale e favorire la convergenza tra paesi, non a stabilizzare il ciclo economico. Vi sono già diverse componenti del Budget settennale che assolvono questi compiti. Siamo quindi di fronte ad uno strumento ridondante, decisamente inadeguato ad affiancarsi alle politiche della Bce.
Un obiettivo plausibile sarebbe quelle di disancorare il Bicc dalla programmazione settennale, per poi renderlo anticiclico, accettando provvisoriamente le dimensioni modeste. In tal modo, all’avvento della prossima crisi, avremo già uno strumento anticiclico disponibile (strutturale, e non emergenziale, come il Meccanismo Europeo di Stabilità), da potenziare secondo la necessità contingente, tenendo a mente le due condizioni di Draghi. È qui che il capitale politico della Lagarde potrebbe risultare ben speso. I suoi appelli ad aumentare la spesa sarebbero più legittimi, e probabilmente più efficaci, se rivolti ad uno strumento comunitario, anziché ai governi nazionali. Ciò andrebbe affiancato ad un piano realistico di riduzione del rischio e controllo dell’azzardo morale da parte dei paesi meridionali, sfruttando l’apertura del dal Ministro dell’economia tedesco di giungere ad un compromesso su tali temi.
Il cambio di guardia a Francoforte e a Bruxelles sono discontinuità importanti da sfruttare per procedere con l’integrazione europea. Lagarde potrebbe mettere a frutto la sua abilità politica per mediare un accordo su questa e altre soluzioni comunitarie. È il momento che l’Europa abbandoni l’attendismo degli anni passati e scelga il percorso difficile, ma necessario, del completamento dell’Unione Economica e Monetaria.