Articolo pubblicato su YouTrend
Nelle prossime settimane in Parlamento si discuterà la prossima legge elettorale. Ma come influiscono i sistemi elettorali sull’economia di un Paese?
Sistemi elettorali ed economici
Quando si parla di legge elettorale, l’Italia assomiglia alla Firenze del ‘300 descritta da Dante negli ultimi versi del VI Canto del Purgatorio: una Firenze che cambia “legge, moneta, officio e costume” come un malato che si gira e rigira nel letto senza trovare pace. In queste settimane si è infatti tornato a parlare di modifica della legge elettorale, e se la riforma dovesse andare in porto si tratterebbe della quinta legge elettorale in 25 anni. Il dibattito sul tema sembra però avvitato in uno sterile tatticismo di convenienza politica, concentrato principalmente su quale partito risulterebbe avvantaggiato e quale svantaggiato da una determinata legge elettorale. Le regole che determinano l’elezione dei parlamentari hanno invece conseguenze molto più ampie, che influenzano anche l’andamento economico di un Paese. Queste conseguenze vanno tenute in considerazione se si vuole, in maniera lungimirante, disegnare un sistema elettorale destinato a durare negli anni, e su questi temi le ricerche degli economisti hanno da tempo prodotto numerosi risultati.
Un sistema di incentivi
In una repubblica parlamentare come l’Italia, il grande bivio in materia di legge elettorale è tra un sistema di stampo proporzionale o uno maggioritario. Il gioco di incentivi e meccanismi che regolano la vita politica in questi due casi è molto diverso e le conseguenze sono visibili anche a livello economico. Spesso, tali effetti passano attraverso il tipo di governo che si genera dalle due forme di sistema elettorale: un sistema maggioritario tende a generare una convergenza verso un sistema partitico poco affollato, dominato da due blocchi (o, nei casi di scuola, proprio da due partiti) ideologicamente differenti che si alternano al governo, con maggioranze coese e programmi politici definiti prima delle elezioni. Dall’altro lato, una rappresentanza proporzionale facilita e incentiva invece la sopravvivenza di partiti più piccoli. Ne deriva dunque un panorama politico più frammentato e una maggiore tendenza verso governi di coalizione.
Quanto si spende
Il primo risultato che emerge dalle ricerche degli economisti è chiaro: nei paesi con leggi elettorali proporzionali la spesa pubblica è più alta.
Il grafico è tratto da una ricerca di due importanti economisti (Guido Tabellini e Torsten Persson) e mostra le medie per le variabili indicate in 70 paesi democratici negli anni ’90. Questo fenomeno non si verifica per caso: è infatti possibile provare, anche teoricamente, come un sistema proporzionale incentivi i governi a spendere di più, come conseguenza, ad esempio, dei conflitti all’interno delle coalizioni che li sorreggono oppure perché ogni partito vuole accontentare il proprio elettorato senza preoccuparsi dei costi che ricadranno sul resto della collettività.
Come si spende
Un secondo ordine di risultati riguarda invece non l’entità della spesa, ma la sua composizione. I parlamentari in un sistema maggioritario sperimentano un legame molto più forte con gli elettori del proprio collegio (che sono fondamentali per la loro elezione e rielezione) e tendono quindi ad approvare più leggi specifiche per il proprio territorio. La spesa pubblica diventa quindi più “geograficamente indirizzata”. Su questo tema esiste una interessante ricerca di alcuni economisti italiani (Stefano Gagliarducci, Tommaso Nannicini, e Paolo Naticchioni), che analizza proprio il caso dell’Italia negli anni del Mattarellum. La teoria è confermata dai dati.
I parlamentari eletti in collegi maggioritari o proporzionali mostrano un numero più o meno uguale di leggi firmate, ma la percentuale di leggi indirizzate (cioè rivolte specificatamente al proprio collegio) è significativamente più alta per i primi che per i secondi. Nella ricerca gli economisti dimostrano come questa relazione non sia frutto del caso, ma derivi proprio dalla tipologia di collegio: in media, essere eletti in un collegio maggioritario aumenta del 2-3% la percentuale di leggi “targettizzate” firmate da un parlamentare.
Sempre per il caso italiano, una recente ricerca dell’economista Raffaella Santolini si è invece concentrata sulle variazioni di leggi elettorali a livello regionale tra il 1986 e il 2009, periodo nel quale elementi maggioritari sono stati via via innestati su impianti inizialmente proporzionali. L’analisi dei dati mostra che la spesa regionale per famiglie e imprese, che possiamo pensare come una spesa “non geograficamente indirizzata”, diminuisce quando il sistema elettorale regionale passa dal proporzionale ad un sistema misto.
Il debito pubblico
Un’altra variabile economica che può essere influenzata dalla legge elettorale, e spesso oggetto di innumerevoli dibattiti, è il debito pubblico. L’effetto su quest’ultimo passa infatti anche attraverso la tipologia di governo che segue alle due diverse tipologie di legge elettorale. L’analisi empirica di Persson e Tabellini, citata precedentemente, evidenzia come un sistema proporzionale, dove l’incidenza dei governi di coalizione è più alta, porti ad un deficit pubblico più elevato.
Infatti, nel caso di un governo di coalizione, i diversi partiti che ne fanno parte tendono a concentrarsi sulle misure politiche simbolo della propria campagna elettorale, indipendentemente dalle azioni degli altri componenti della maggioranza. Inoltre, questi tendono a non considerare pienamente i costi associati ad un aumento di debito conseguente all’eccessiva spesa. Tali costi consistono in una riduzione della spesa pubblica nei periodi a seguire, quando lo Stato dovrà fare i conti con dei vincoli di bilancio più stringenti, sia a causa di un debito troppo elevato, sia poiché dovrà destinare gran parte delle risorse al pagamento degli interessi. Come teorizzato da uno studio dell’economista cileno Andrés Velasco, dal punto di vista del singolo partito all’interno della coalizione, il costo dell’aumento del debito non ricadrà solo sui propri programmi di carattere espansivo, ma anche su quelli degli altri partiti alleati. Poiché alle diverse forze politiche poco importa tagliare i fondi per le misure che fanno parte del proprio programma politico, i costi legati ad un aumento del debito sono solo in parte interiorizzati dai partiti al governo, che tendono a tollerare un livello di deficit più alto.
Inoltre, nella peggiore delle ipotesi, se i partiti della coalizione di maggioranza non trovano un accordo sulle voci di spesa da sacrificare, si crea un circolo vizioso per cui diventa sempre più difficile migliorare lo stato di salute dei conti pubblici. Gli economisti Alesina e Drazen dimostrano come la convivenza di più attori politici nello stesso governo porti gli stessi partiti a ritardare la diminuzione del debito e il risanamento delle finanze pubbliche, anche se è necessario evidenziare come altri fattori influenzino questo tipo di decisione come, ad esempio, l’entità del debito e il costo di portarselo dietro.
Infine, la maggiore frammentazione del sistema politico, caratteristica del sistema proporzionale, porta anche ad una maggiore debolezza dei governi: se c’è minore compattezza, crisi ed elezioni saranno più frequenti. E se le forze di governo si trovano spesso costrette a confrontarsi con gli elettori per ottenere una riconferma, utilizzeranno più frequentemente misure espansive per raccogliere un più ampio consenso popolare, senza badare a spese. Lo conferma la ricerca di Grilli, Masciandaro e Tabellini che mostra come i governi di coalizione abbiano in media vita più breve, e come questi tendano a causare un deficit pubblico più elevato.
Una scelta importante
La scelta tra una legge di stampo maggioritario e una proporzionale non solo determina la tipologia di potere politico degli eventuali vincitori, ma anche l’andamento della spesa pubblica, la sua composizione e il volume del debito. La scelta che il nostro Paese si appresta a fare su questo tema non dipenderà ovviamente solo da queste variabili. Tuttavia, capire e analizzare quali siano le conseguenze economiche di una legge elettorale può aiutare ad arricchire il dibattito e a non limitarsi a commenti di mera strategia politica.
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