Articolo scritto per l’HuffingtonPost

Il Coronavirus ha cambiato profondamente la routine degli italiani. Lo sanno bene tutti quei genitori impossibilitati ad andare al lavoro per accudire i figli mentre le scuole sono chiuse.

Una conseguenza che è però solo l’estremo di un problema strutturale dell’Italia: la difficile conciliazione tra vita familiare e lavorativa, soprattutto per le donne. Siamo un paese in cui a un basso tasso di natalità (1,3 figli per donna nel 2018) si accosta un tasso di disoccupazione femminile tra i più bassi d’Europa: meno della metà delle donne tra i 15 e 64 anni lavoravano nel 2018.

Dati che evidenziano l’inefficacia della spesa pubblica a sostegno delle famiglie che nel 2017 ammontava a 15.9 mld, frammentati in un quadro poco coerente di misure: dalle detrazioni per i figli a carico, al bonus bebè, dall’assegno ai nuclei famigliari numerosi, al bonus asili nido.

Per supportare le famiglie duramente colpite dalla recente pandemia, il governo ha stanziato 25 miliardi prevedendo anche dei voucher per servizi di baby sitting e nuove misure di congedo parentale. Un passo nella giusta direzione.

C’è l’opportunità di riorganizzare la confusa spesa per le famiglie, ideando delle misure che possano essere poi strutturali, ossia valide nel lungo periodo, dopo che questa tempesta sarà passata. Ecco cosa proponiamo.

Primo punto: riordino delle spesa pubblica per le famiglie dividendola tra voucher baby sitter e sussidi in contanti. Nel 2017, i 15,9 mld di euro in spesa per le famiglie venivano utilizzati per più della metà in detrazioni per figli a carico, una misura poco redistributiva perché non può essere usata dagli incapienti non avendo tasse da pagare.

Il panorama si complica poi considerando i vari bonus (bebè, asili nido) o assegni previsti nel corso degli anni dai vari governi. Qui la nostra proposta: un sostegno in contanti e un voucher che possano essere spesi non solo per la baby sitter, ma anche per pagare le spese dell’asilo (sostituendo quindi anche il Bonus Asilo Nido) e altre spese relative alla cura dei figli.

Il voucher baby sitter permetterebbe di sostenere le famiglie nell’immediato e sarebbe destinato inizialmente alle famiglie con figli dagli 0 ai 12 anni di età dei nuclei in cui entrambi i genitori lavorano, o in cui uno dei due partner senza occupazione stia cercando un lavoro presso i centri per l’impiego.

Passata la crisi l’età potrebbe essere portata tra gli 0 e i 5 anni. Per l’assegno, si tratterebbe di sostituire le detrazioni fiscali per i figli a carico e gli assegni familiari con un contributo in contanti che viene versato dagli 0 ai 20 anni. Così facendo, si risolverebbe il problema dell’incapienza in modo che anche i più poveri possano beneficiare di questi soldi. Allo stesso tempo, l’assegno verrebbe erogato a famiglie con ISEE inferiore ai 35.000 euro per rendere questo assegno più equo ed efficiente, togliendo le piccole detrazioni date a famiglie relativamente abbienti.

Secondo punto: rendere di più lunga durata e cospicuo il congedo parentale. Al momento l’indennizzo corrisposto in Italia è del 30% dello stipendio. Un valore così basso contribuisce a scoraggiare l’uso del congedo da parte degli uomini, che di solito sono quelli che in una coppia hanno lo stipendio più elevato.

Non a caso i paesi in cui il congedo facoltativo viene usato di più dai padri sono quelli in cui il valore dell’indennizzo è elevato, fino ad arrivare al 70% in Finlandia e al 100% in Danimarca. Inoltre in questi paesi una parte del congedo facoltativo è utilizzabile solo dal padre.

Occorre allungare quindi il periodo e l’entità dell’indennizzo, prevedendo che una parte del congedo parentale facoltativo sia utilizzabile solo dai i padri. Un obiettivo di più lungo periodo sarebbe quello di riformare il congedo di paternità obbligatorio, a oggi di soli 7 giorni.

Un cambiamento in tal senso aiuterebbe a ridurre la discriminazione delle donne in campo lavorativo, oltre a rendere più bilanciata la condivisione delle responsabilità familiari. Un datore di lavoro, infatti, saprebbe che l’assunzione di un uomo o di una donna è rischiosa allo stesso modo in caso di nascita di un figlio. 

Proponiamo allora un congedo obbligatorio di 4 settimane per gli uomini pagato al 100% dello stipendio. Idealmente sarebbe da utilizzare entro un anno dalla data del parto in sostituzione dei giorni di congedo della madre, così da incentivare la condivisione delle responsabilità familiari. 

Il governo si dovrà muovere velocemente per supportare le famiglie che vivono un momento di grave difficoltà. Ma in ogni crisi si nasconde un’opportunità, in questo caso la possibilità di rendere più semplice, coerente e redistributiva la spesa a sostegno delle famiglie con figli. Non la sprechiamo!

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