Articolo pubblicato per Business Insider Italia

Lo sviluppo di un paese è da sempre valutato attraverso indicatori economici come il Pil. Tuttavia, negli ultimi anni, per poter fornire una fotografia più ampia del benessere dei cittadini, sono stati sviluppati indicatori multi-dimensionali volti a tenere conto di fattori come soddisfazione, istruzione e opportunità. A tal proposito, nel 2013, in Italia sono stati introdotti dall’Istat gli indicatori di benessere equo e sostenibile (Bes) in grado di misurare il progresso di un paese anche dal punto di vista della sostenibilità sociale ed economica e della salute fisica dei cittadini.Ad esempio, gli indicatori Bes permettono di misurare le diseguaglianze esistenti in termini di reddito disponibile e opportunità, aspettativa di vita o efficienza della giustizia civile. Negli ultimi anni, con l’espandersi del ruolo della tecnologia nelle nostre vite, si è iniziato a dare crescente importanza anche al monitoraggio del progresso digitale di un paese. Infatti, nel 2015 la Commissione Europea ha sviluppato il Digital Economy and Society Index (Desi), strumento per misurare la competitività digitale dei paesi Ue.

Tuttavia, la sola esistenza di indicatori come i Bes o il Desi non implica che la loro evoluzione venga monitorata e che abbia conseguenze in termini di politiche economiche adottate. Un nuovo percorso è però stato intrapreso quando, nel 2018, nel ciclo di programmazione economica sono stati inseriti 12 indicatori Bes e lo scorso ottobre, grazie ad una mozione, la Camera ha impegnato il Governo a introdurre anche il Desi. La presenza di questi indici in allegato al Def deve però essere accompagnata da obiettivi programmatici e soprattutto un dibattito che sappia orientare e influenzare le scelte di politica economica.

Indicatori Bes nel ciclo di programmazione economica

L’utilizzo degli indicatori Bes all’interno della pianificazione economica non è ancora completo. Infatti, delle 130 misurazioni esistenti, solo 12 vengono utilizzate e solo per la metà di esse il governo effettua previsioni a cui però non sono legati obiettivi da raggiungere, né politiche economiche che portino ad adeguati livelli di tali indicatori. Avevamo già evidenziato simili limitazioni due anni fa che, purtroppo, non hanno visto progressi nonostante gli indicatori Bes rappresentino uno strumento chiave per poter prontamente identificare le aree in cui un intervento pubblico è necessario. Pensiamo sia comunque utile analizzare la loro recente evoluzione, focalizzandoci su alcune aree tematiche incluse nel Def: il benessere economico, la conciliazione vita-lavoro e la salute.

Partiamo da alcuni indicatori di benessere economico: come si può vedere dal seguente grafico, il 2019 è stato il sesto anno consecutivo di espansione del reddito medio disponibile aggiustato pro capite, una misura che include anche i servizi forniti dalle istituzioni pubbliche, ma gli effetti della doppia recessione sono ancora ben visibili su altri indicatori della stessa area.

Infatti, il grafico mostra come la disuguaglianza del reddito disponibile, misurata dal rapporto fra l’ammontare del reddito disponibile dal 20% più ricco della popolazione e quello più povero, presenti solo timidi miglioramenti dopo il picco del 2014. L’indice di povertà assoluta, che misura la percentuale di persone appartenenti a famiglie con una spesa per consumi inferiore a un valore soglia (calcolato in base alle caratteristiche del nucleo familiare e del comune di residenza), presenta un andamento in crescita negli ultimi 15 anni. Tuttavia, dopo essere rimasto costante nel 2018, è in contrazione nel 2019 di 0,7 punti percentuali. Questa diminuzione presenta un andamento differenziato per territorio: è più robusta al Centro (-0.8 punti percentuali) e al Mezzogiorno (-1.4) e più contenuta al Nord (-0.1).

L’importanza di includere tali indicatori nel Def risiede nel bisogno di evitare che peggioramenti continuativi, come nel caso della povertà assoluta, possano ricapitare. Infatti, l’ancoraggio delle politiche pubbliche allo stato attuale degli indicatori e alle loro previsioni è uno strumento chiave per intervenire in modo repentino e mirato. Per esempio, l’andamento di questi indicatori durante la pandemia sarà fondamentale per determinare in maniera tempestiva le misure necessarie volte a sostenere le categorie più colpite.

Per gli indicatori relativi alla conciliazione vita-lavoro, cioè al benessere sociale, nel seguente grafico abbiamo rappresentato l’occupazione relativa delle madri, vale a dire il rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età 0-5 anni e delle donne della medesima fascia di età senza figli.

Dopo tre anni di diminuzione, nel 2019 si ha avuto un leggero miglioramento di 0,5 punti percentuali e comunque nei circa 15 anni di riferimento è complessivamente in crescita. Tuttavia, il Sud registra sistematicamente valori più bassi del resto d’Italia di oltre una decina di punti percentuali: il Nord si attesta a 81% e il Centro, che ha visto la maggior crescita dell’indice nell’ultimo quindicennio, a 82%. Come si può osservare dal grafico, le Marche sono la regione capofila (con un tasso di occupazione relativa delle madri pari al 95%), mentre la Sicilia (66%) e la Campania (56%) sono le meno performanti. Anche in questo contesto si può vedere come l’esistenza di questi indicatori permette di evidenziare differenze geografiche da affrontare.

Altri indicatori hanno visto, invece, miglioramenti più marcati: per esempio la speranza di vita in buona salute alla nascita è aumentata di 2.2 anni dal 2009 al 2019. Tuttavia, l’impatto del Covid-19 sarà negativo, nella relazione allegata al Def di agosto si stimava infatti una diminuzione della speranza di vita fra 0.4 e 1.4 anni con un maggiore impatto sulla speranza di vita in buona salute.

Desi, dove ci collochiamo e cosa c’è da fare

Nel 2020 l’Italia si colloca al 25° posto su 28 paesi Ue in termini di indicatore Desi, evidenziando quindi la necessità del suo inserimento all’interno del Def. Questo indicatore è costruito su 5 dimensioni: connettività, capitale umano, uso di internet e di servizi, integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici digitali. Un’analisi dettagliata effettuata qualche mese fa, ci porta ad osservare che il problema italiano riguarda principalmente le basse competenze informatiche, portando anche ad un basso utilizzo di servizi pubblici digitali e di internet. La strada per raggiungere valori del Desi in linea con la media europea è ampia, la strategia Italia 2025 è un passo in questa direzione e l’inclusione del Desi nel ciclo di programmazione economica ne rappresenta un ulteriore, che però dovrà essere accompagnato da proposte concrete e mirate che permettano di consolidare i progressi che, secondo il recente report di Censis e Tim, sono stati ottenuti durante il lockdown.

L’utilizzo di indici Bes e Desi nel ciclo di programmazione economica permette al governo e ai cittadini di avere una fotografia costantemente aggiornata delle problematiche sociali, egalitarie e ora anche digitali del nostro paese. Nonostante il loro monitoraggio sia uno strumento chiave per poter intervenire in modo efficace e promuovere il benessere dei cittadini, non è sufficiente. Il governo dovrebbe infatti dirigere questi indici verso funzioni di pianificazione e di valutazione. La conoscenza dei punti deboli in quanto a tematiche sociali e digitali dovrebbe essere il motore dell’azione governativa. Sarà interessante analizzare se il governo li utilizzerà come strumento per guidare l’introduzione di misure volte a contrastare gli effetti economici del Covid-19 e soprattutto l’uso di fondi per investimenti, come per esempio quelli derivanti da Next Generation EU che riguardano la maggior parte delle aree incluse nei Bes e nel Desi.

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