Articolo pubblicato per IlSole24Ore
Negli ultimi giorni i media riportano i primi annunci delle grandi aziende farmaceutiche che comunicano il completamento della fase 3 di sperimentazione del vaccino contro il Covid-19, e proprio negli scorsi giorni le prime dosi sono state somministrate nel Regno Unito. Si tratta certamente di buone notizie, che fanno ben sperare cittadini e governi e danno una prospettiva di tregua ad un’economia globale in forte difficoltà da mesi. Eppure, secondo il New York Times, seguendo lo sviluppo tradizionale si dovrebbe ottenere un vaccino affidabile ed efficace intorno al 2033. Come si spiega una differenza tanto marcata rispetto alle tempistiche tradizionali? Come è stato possibile accelerare il processo? E soprattutto, quali sono le implicazioni sull’efficacia e la sicurezza del vaccino?
Lo sviluppo di un vaccino è un processo complesso che richiede un lungo lavoro di indagine dei meccanismi biologici del microrganismo, per comprenderne il funzionamento, e le sue modalità di interazione con l’uomo. Normalmente si protrae per 10-15 anni.
Questo percorso richiede un ingente investimento di risorse umane ed economiche, di natura sia pubblica che privata, non solo per l’elevata complessità dell’operazione stessa, ma anche per garantire il rigore scientifico e la sicurezza. L’intero processo di sviluppo e produzione di vaccini è infatti regolamentato dall’Fda (Food and Drug Administration) negli Stati Uniti, e dall’Ema (European Medicines Agency) nell’Unione Europea.
Di solito, l’iter di sviluppo di un vaccino è articolato in stadi consequenziali, in modo tale che non si possa procedere con la fase successiva dello studio senza che prima sia stata completata e verificata la precedente.
Durante lo stadio esplorativo gli scienziati studiano l’agente patogeno in modo da identificare gli elementi che lo compongono biologicamente (gli antigeni), così da poterli replicare in laboratorio. Una volta terminato questo primo ciclo, le attività si concentrano sullo stadio preclinico in cui si verifica la sicurezza del vaccino candidato e la sua capacità di suscitare una risposta immunitaria. Lo stadio clinico si articola su tre fasi, attraverso le quali il vaccino viene somministrato a gruppi di persone sempre più numerosi e rappresentativi della società in modo randomico e controllato, distribuendo il farmaco casualmente a parte dei volontari e una sostanza inerte (placebo) a un altro gruppo di volontari. L’obiettivo finale consiste nella valutazione della sicurezza e dell’efficacia del vaccino. In tempi normali, una percentuale esigua dei vaccini che iniziano il processo di sviluppo supera tutte le fasi e ottiene l’approvazione dalle autorità competenti.
Il processo di produzione di un vaccino rappresenta dunque un investimento ad altissimo rischio, che difficilmente si verificherebbe senza l’intervento di finanziamenti pubblici. Per le case farmaceutiche il finanziamento da parte di governi e istituzioni rappresenta infatti una sorta di polizza assicurativa contro il rischio di fallimento. Alcuni dei rischi dell’industria vengono trasferiti alle autorità pubbliche che in cambio possono ottenere la garanzia di un accesso equo e a prezzo ragionevole al vaccino, una volta disponibile (strategia seguita dall’Ue per il finanziamento allo sviluppo di vaccini per il Covid-19).
Il grave impatto della pandemia sui sistemi sanitari e sull’economia globale ha però richiesto un intervento urgente a cui le autorità sanitarie internazionali hanno risposto stipulando accordi con le più potenti case farmaceutiche. In ordine, i primi vaccini che ad oggi sono stati dichiarati efficaci clinicamente sono quattro:
● Sputnik V (centro di ricerca Gamelaya, in Federazione Russa)
● BNT162 (Pfizer/BioNtech)
● m-RNA 1273 (Moderna)
● AZD1222 (AstraZeneca/Oxford University/IQVIA/Serum Institute of India)
Rispetto al tradizionale iter di produzione di un vaccino, tutti i candidati hanno intrapreso processi abbreviati rispetto alla normale timeline.
L’imperativo di ogni studio sperimentale è la sicurezza, innanzitutto di chi riceve la dose di vaccino, ma anche dei volontari sani che si sottopongono ai test sperimentali. Per questo motivo, come spiegato in precedenza, le fasi dello sviluppo seguono solitamente un ordine consequenziale. Per quanto riguarda i vaccini contro il Sars-CoV-2, le varie fasi sono state condotte in parallelo:
● gli studi accademici e preclinici sono stati (e sono) condotti prima, durante e dopo lo svolgimento delle sperimentazioni sui volontari;
● le tre fasi dello stadio clinico si sono svolte in sovrapposizione;
● per valutare l’efficacia di alcuni vaccini candidati, i volontari sono stati direttamente esposti al Sars-CoV-2;
● la creazione di stabilimenti e la produzione dei vaccini è iniziata già prima dell’effettiva conclusione dello stadio clinico;
● l’approvazione e diffusione dei prodotti vaccinali potrebbe essere quasi immediata.
Doveroso è citare l’esistenza dell’Eua (Autorizzazione per uso emergenziale) negli Usa, il cui scopo è conferire l’autorizzazione all’uso di prodotti in caso di emergenza e senza approvazione dell’Fda. Se, usufruendo dell’Eua, l’Fda concedesse l’utilizzo dei vaccini sperimentali, è logico presupporre che l’Ema possa agire in modo analogo. In questo senso, i recenti sviluppi nel Regno Unito agiscono da ulteriore incentivo.
Da un punto di vista prettamente economico, per le aziende farmaceutiche accelerare il processo e ottenere un vaccino commercializzabile in 12-18 mesi rappresenta un rischio ancora maggiore rispetto al solito, poiché i costi risultano molto elevati e le perdite potrebbero essere ingenti. Infatti, la corsa al vaccino per il Covid-19 genera alta competizione nel mercato e, a causa di ciò, ciascuna azienda non può prevedere ex ante quale sarà la sua fetta di mercato. Inoltre, la necessità di arrestare la pandemia impone che il vaccino sia disponibile a tutti gli strati della popolazione mondiale. Questo porterà probabilmente le aziende farmaceutiche a imporre prezzi inferiori e quindi a rivedere al ribasso i profitti attesi. D’altra parte però, come in ogni scommessa, ad un alto rischio è associata un’alta remunerazione in caso di successo, sia per quanto riguarda i profitti, sia sotto il profilo finanziario e reputazionale, come dimostra ad esempio il +8% del prezzo delle azioni della Pfizer nel giorno dell’annuncio del vaccino.
Ciononostante, a costi elevati non corrisponde una remunerazione attesa soddisfacente: in un contesto di grande incertezza come quello attuale, gli incentivi economici alla produzione di un vaccino per le case farmaceutiche sono inferiori a quelli che la società richiederebbe. Risulta dunque evidente la necessità di un intervento di finanziamento da parte delle autorità pubbliche più massiccio rispetto al solito, in modo tale da incentivare le aziende ad investire nella produzione di un vaccino. Ad esempio, Barda (l’agenzia federale statunitense che finanzia la tecnologia medica) ha deciso di investire più di 1 miliardo di dollari per supportare lo sviluppo e la produzione di un vaccino. Un altro modo per aumentare gli incentivi di investimento è stato il ricorso ad alleanze strategiche che permettono di mitigare i costi ed i rischi. Ne sono esempio le collaborazioni Pfizer-Biontech o Sanofi-GSK.
Sfruttando queste strategie si è arrivati quindi a un’accelerazione dei processi di sviluppo e produzione senza precedenti, con l’obiettivo di tornare alla normalità il più presto possibile.
La criticità però riguarda i vaccini ancora in fase di sviluppo e con profili di sicurezza ed efficacia ancora in larga parte sconosciuti. Tutto questo richiederà che il processo di sviluppo, i dati sulla sperimentazione, sull’autorizzazione al commercio e alla distribuzione siano resi trasparenti.
Martedì 15 dicembre, dalle 18.00 alle 19.30 live su Facebook e Youtube si svolgerà il webinar “Il vaccino d’oro – sfide e strategie per una risorsa che deve essere di tutti” organizzato dagli studenti del SISM e da Medici Senza Frontiere.
Questo è il primo di una serie di articoli frutto di una collaborazione tra i think tank Tortuga e Sism – Segretariato Italiano Studenti in Medicina – APS. L’obiettivo è di analizzare in maniera chiara e concreta i meccanismi economici e clinici alla base dello sviluppo, della produzione e della distribuzione dei vaccini, per comprendere al meglio l’attuale corsa al vaccino per il Covid-19.
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