Articolo pubblicato per Business Insider Italia
In un precedente articolo abbiamo provato a spiegare perché sia importante occuparsi della salute mentale dei cittadini, in primo luogo per una questione di benessere individuale, ma anche per l’impatto più ampio che il malessere psicologico ha sulla società. Essendo quindi il disagio psicologico o psichiatrico un tema di sanità pubblica, come i sistemi sanitari nazionali supportano le persone e le famiglie in Europa, e soprattutto, in Italia?
Il quadro Europeo
Secondo Eurostat, nel 2018 erano presenti 324.000 posti letto per cure psichiatriche negli ospedali dell’UE-27, pari al 13,5% di tutti i letti ospedalieri. Questa quota supera il 20% nei Paesi Bassi (in cui raggiunge addirittura il 27%), a Malta, in Belgio e in Lettonia; al contrario, non raggiunge il 10% in Polonia, Austria, Bulgaria, Cipro. La quota si ferma addirittura al 2,8% in Italia, con meno di 3 letti su 100 sono dedicati alle cure psichiatriche.
I diversi paesi UE registrano inoltre valori molti distanti tra loro anche tenendo conto delle differenti dimensioni delle popolazioni: si va dai 135 posti letto ospedalieri per cure psichiatriche per 100.000 abitanti in Belgio ai 9 per 100.000 abitanti in Italia. Tra il 2013 e il 2018, i posti per popolazione sono diminuiti nella maggior parte degli Stati membri dell’UE, ad eccezione di Germania (2013-2017), Romania, e Grecia, che ha in particolare registrato una crescita relativamente rapida. Questi numeri sono un segnale della crescente efficacia del sistema sanitario nel farsi carico anche di questi disturbi, restano, tuttavia, influenzati dall’infrastruttura legislativa e da fattori culturali. Ad esempio, la Legge Basaglia del 1978 aveva abolito gli ospedali psichiatrici in Italia, verosimilmente andando a condizionare il numero tutt’oggi molto basso di posti letto. Inoltre, nei Paesi del nord Europa, lo stigma intorno alle cure psichiatriche è minore e questo può influenzare gli accessi alle cure specializzate.
Sistema di supporto italiano e problematiche
La Legge Basaglia resta il modello su cui si basa la struttura di supporto a chi soffre di disturbi psicologici e psichiatrici in Italia. Ad oggi, la rete a disposizione di chi è affetto da disturbi mentali è gestita a livello regionale da diversi Dipartimenti di Salute Mentale (Dsm), la cui area di competenza è la stessa delle Asl. A sua volta, ogni Dsm è suddiviso in Centri di salute mentale per l’assistenza diurna (Csm) – primo punto di riferimento per cittadini con disagio psichico, Centri Diurni semiresidenziali (Cd) – per soggiorni più lunghi, Strutture Residenziali (Sr) – vere e propri centri abitativi e sociali per chi è affetto da disturbi mentali. Le Sr, a loro volta, si dividono in terapeutico-riabilitative, socioriabilitative e servizi ospedalieri, ovvero Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura e Day Hospital. Il sistema pubblico è quindi articolato e complesso, con l’obiettivo di rendere disponibili differenti tipologie di intervento in base alle necessità. La presenza di numerose strutture, però, risulta spesso in una frammentarietà di servizi e nell’incapacità di fare sistema e offrire percorsi di supporto integrato per chi dovesse averne bisogno.
Due problemi fondamentali, infatti, sono la mancanza in tutto il sistema di un’infrastruttura di monitoraggio e valutazione dei servizi, e la disuguaglianza interregionale. La sanità è materia di legislazione concorrente (ex art. 117 Cost.) e l’assistenza territoriale è rigidamente prestata ai soli cittadini nell’area di competenza del Dsm. Come inoltre evidenziato da un report della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica, le regioni italiane richiedono interventi diversificati, sebbene, in generale, le carenze più ricorrenti siano quelle che riguardano l’infrastruttura: le strutture territoriali, i posti disponibili in strutture residenziali e quelli nelle strutture ospedaliere, nonché il numero di personale disponibile.
Oltre alla quantità, altre grandi difficoltà del servizio pubblico sono la differente qualità dei servizi erogati dalle Asl e la loro accessibilità: lunghe liste di attesa, e carenza di servizi nelle zone rurali. La difficoltà di accedere alle strutture pubbliche fa sì che parte della domanda di terapia, specialmente per questioni che non richiedano periodi di permanenza in strutture residenziali, venga assorbita dal settore privato. Se per avere accesso ai servizi pubblici ambulatoriali è normalmente sufficiente pagare un ticket contenuto, l’offerta privata è ampia e diversificata.
I ticket regionali della sanità risentono però a loro volta di un’estrema frammentarietà: infatti, sono definiti da ogni regione sia l’importo per le prestazioni specialistiche e i farmaci, che le soglie di esenzione. Pur essendo le prestazioni professionali di psicologi e psicoterapeuti equiparate a quelle rese da un medico, dando quindi diritto alla detrazione del 19% della spesa totale dalle tasse, le terapie offerte nel settore privato rischiano di avere un costo non indifferente, specialmente se durature nel tempo.
Dove intervenire per migliorare
Il sistema di supporto italiano per la salute mentale risente quindi di vari problemi, riassumibili in scarsi fondi destinati e disomogeneità nello sviluppo dei Dipartimenti di Salute Mentale.
Per aumentare l’efficacia degli interventi, è necessario rafforzare le reti territoriali di assistenza e migliorare il coordinamento e l’integrazione tra i vari interventi coperti dai Dsm e, più in generale, dalle Asl. Per esempio, per le Asl è importante attuare politiche aziendali che permettano di costruire rapporti organici con altri enti, quali altre organizzazioni sanitarie e servizi sociali.
In questo senso, una best practice interessante è quella del Piano Giuseppe Leggieri, adottato in Emilia-Romagna a partire dal 2004. Tale programma consiste in una collaborazione strutturata tra medici di medicina generale adeguatamente formati e Csm. Valutazioni di questo programma hanno mostrato come sia maggiormente efficace in termini di remissione della malattia. Più precisamente, i dottori di medicina generale, seguendo da vicino i propri pazienti, assumono il ruolo di mappatori delle malattie e dei disagi, così da avere una una visione d’insieme che costituisce un importante valore aggiunto per i Dsm.
Nonostante l’incremento sostanziale delle persone che accedono ai servizi di supporto psicologico discusso nel precedente articolo, molta strada deve essere ancora fatta nel nostro Paese. I Livelli essenziali di assistenza (Lea) – servizi che il Sistema Sanitario Nazionale è tenuto a garantire ai cittadini date le risorse a disposizione – sono definiti a livello nazionale. Il percorso tracciato con l’aggiornamento dei Lea nel 2017, in cui la psicologia ha maggiore spazio, attraverso l’introduzione della neuropsichiatria infantile e l’estensione dell’area delle dipendenze a tutte le dipendenze patologiche e i comportamenti di abuso, è sicuramente di buon auspicio. Dal momento che la sanità è competenza regionale, tuttavia, sono poi le regioni a decidere come allocare le risorse per raggiungere i target stabiliti con i Lea.
Rimane necessaria una migliore e più capillare organizzazione a livello locale. Ciò risulta particolarmente vero in un momento come quello che stiamo vivendo, in cui la pandemia sta imponendo costi umani devastanti. Inoltre, è fondamentale continuare a lavorare, per esempio tramite campagne informative, per ridurre lo stigma verso il disagio mentale e per rendere meno complesso l’accesso al supporto psicologico e psichiatrico.
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