Articolo pubblicato per LINKIESTA

Nello scorso articolo abbiamo sottolineato che il Piano Nazionae di Ripresa e Resilienza (Pnrr) si debba incentrare maggiormente sulle necessità delle giovani e dei giovani italiani. In particolare, le Missioni 4 (Istruzione, formazione, ricerca e cultura) e 5 (Equità sociale, di genere e territoriale) del Pnrr necessitano di integrazioni, affinché i fondi europei supportino adeguatamente le nuove generazioni. In questo articolo presentiamo le nostre proposte su istruzione e fuga di cervelli.

Scuola
Nella sua versione attuale, il Pnrr contiene molti interventi per migliorare il percorso scolastico e le competenze dei giovani italiani, che tuttavia rischiano di rivelarsi poco efficaci senza una riorganizzazione del sistema scolastico. A oggi, la gestione delle scuole è centralizzata al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che ha però una comprensione limitata delle esigenze dei singoli istituti: decentralizzare il sistema scolastico permetterebbe di canalizzare i fondi europei alle scuole in modo più mirato. Con le risorse ricevute, le scuole potrebbero gestire la formazione, la premialità e i progetti dei singoli docenti. Le scuole con un numero di studenti senza cittadinanza più alto della media nazionale (9,7%) potrebbero poi ricevere fondi aggiuntivi, da utilizzare per migliorare l’esperienza scolastica di questi alunni e per ridurne il tasso di abbandono, più alto del 15% rispetto ai compagni con cittadinanza. Con un sistema decentralizzato, i dirigenti scolastici dovranno sviluppare competenze manageriali adeguate con opportuni corsi di formazione.

Inoltre, è necessario introdurre un sistema di formazione e valutazione degli insegnanti, assente nel Pnrr. A oggi, la progressione di carriera dei docenti si basa solo sull’anzianità. Proponiamo di integrare il criterio di anzianità con una valutazione meritocratica: il passaggio tra scaglioni di merito incrementerebbe lo stipendio lordo del 15%, e darebbe la possibilità di ricoprire ruoli professionali diversi dall’insegnamento. Le fasce di merito si baserebbero su:

  1. Valutazione delle competenze didattiche e gestionali da parte di ispettori esterni e di studenti;
  2. Acquisizione di crediti formativi, attraverso corsi di aggiornamento e master;
  3. Crediti professionali derivanti da ruoli di servizio, progetti e attività di ricerca;
  4. Valutazione della qualità dell’insegnamento con indicatori sull’apprendimento degli studenti e analisi delle carriere universitarie, al fine di colmare eventuali gap nell’offerta formativa delle scuole e di analizzare le disparità regionali nelle performance degli studenti, inaspritasi durante la pandemia.

Skill mismatch
Lo skill mismatch si verifica quan­do le competenze di un lavoratore non sono allineate con quelle richieste per compiere un lavoro. Nel 2017, il 21% dei lavoratori italiani risultavano sotto-qualificati e il 18% sovra-qualificati (dati Ocse). Inoltre, un lavoratore su tre era impiegato in un settore non correlato ai propri studi. Questo disallineamento crea inefficienze, soprattutto per quanto riguarda l’accesso al mondo del lavoro, e in Italia è radicato nelle scelte relative ai percorsi di studio dei giovani. Studenti e famiglie sono lasciati da soli nel compiere una scelta cruciale e difficilmente reversibile, a causa di un sistema scolastico rigido, che non permette facilmente cambi di percorso. Il Pnrr prevede di introdurre almeno 30 ore per l’orientamento delle scuole superiori di secondo grado, e di realizzare una piattaforma digitale l’orientamento universitario e Its. Riteniamo che i fondi stanziati (250 milioni) siano insufficienti, e che non serva duplicare le piattaforme esistenti.

Tortuga propone di introdurre figure professionali dedicate all’orientamento o insegnanti-tutor e di creare un portale unico dedicato all’orientamento (P.U.N.T.O), che includa un atlante delle professioni, dati sul mondo del lavoro, informazioni su sviluppi di carriera, prospettive occupazionali e retributive.

Università
In tema di università, il Pnrr prevede già interventi sul fronte degli alloggi per studenti fuori-sede, della no-tax area e delle borse di studio. Tuttavia, serve prestare un’attenzione speciale agli studenti fuori-sede. L’Italia ha un tasso di fuori-sede tra i più bassi in Europa: il 69% degli universitari abita infatti con i genitori, contro il 36% dei coetanei europei. Le spese per vitto e alloggio costituiscono il 54% sul budget di un fuorisede in Italia, contro il 16% di tasse universitarie, e solo il 3% degli studenti riesce a trovare posto in uno studentato, contro una media europea del 18%. Serve inoltre affrontare la questione degli studenti cosiddetti idonei non beneficiari che, per insufficienza di fondi, non si vedono riconosciuti benefici a cui avrebbero invece diritto.

Riteniamo necessario incrementare le risorse stanziate per gli investimenti in alloggi per studenti e nelle borse di studio, destinandovi le risorse attualmente allocate all’incremento della no-tax area. La letteratura dimostra che la riduzione delle tasse universitarie non ha un effetto significativo sul tasso di immatricolazione, mentre l’erogazione di borse di studio in Italia è efficace nel ridurre gli abbandoni. Sarebbe inoltre opportuno erogare le borse di studio all’inizio dell’anno accademico: questo risolverebbe i problemi di liquidità di molte famiglie con risorse economiche limitate, che potrebbero non iscrivere i figli all’università, poiché in difficoltà ad anticipare i fondi per i figli.

Fuga di cervelli
L’ennesimo grande assente dal Pnrr è la fuga di cervelli. Per di più, la perdita di italiani qualificati non è compensata dall’entrata di talenti stranieri: i dati Istat evidenziano un saldo migratorio negativo e in netto peggioramento, specialmente per gli individui con un alto livello di istruzione. Perciò, serve attrarre dall’estero capitale umano qualificato, la cui immigrazione, secondo la letteratura economica, ha effetti positivi su innovazione, crescita e sulla creazione di nuovi posti di lavoro per i nativi. A questo fine, le proposte di Tortuga sono:

  • Fluidificare il riconoscimento dei titoli acquisiti nei paesi extra-europei, così da non ostacolare l’arrivo di talenti. Attualmente le procedure sono lunghe, costose e non standardizzate.
  • Incentivare gli atenei, tramite i criteri di valutazione Anvur, ad attrarre più ricercatori e professori stranieri, e semplificare il recruitment sul mercato internazionale, favorendo l’istituto della chiamata diretta;
  • Perfezionare il programma di visti di lavoro per studenti extraeuropei, ad esempio permettendo la conversione dei visti di studio in permessi per motivi di lavoro al di fuori delle quote flussi per tutti gli studenti internazionali, a prescindere dal tipo di attività formativa svolta in Italia;
  • Estendere gli incentivi fiscali ai neolaureati stranieri che cominciano a lavorare in Italia, incentivandone la permanenza dopo gli studi. Infatti, al momento esistono solo sgravi fiscali per i laureati all’estero che vengono a lavorare in Italia.

Le nostre proposte si prefiggono l’obiettivo di rilanciare la crescita italiana attraverso lo sviluppo e l’attrazione di capitale umano, da realizzare con investimenti e riorganizzazione nel sistema scolastico, universitario, della ricerca e dei flussi migratori. Questi interventi condizioneranno sensibilmente la vita delle nuove generazioni: serve che gli investimenti siano affiancati da riforme strutturali, in modo tale da rendere tali interventi il più possibile solidi, efficaci e innovativi. Nel prossimo articolo di questa serie proporremo invece interventi sulla Missione 5 (Equità sociale, di genere e territoriale), a sostegno di occupazione femminile, imprenditorialità, mercato del lavoro, welfare e integrazione.

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