Articolo pubblicato per Linkiesta
Nei due pezzi precedenti (qui e qui) di questa serie abbiamo sottolineato la necessità di integrare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), affinché sia più inclusivo delle necessità delle nuove generazioni. In questo articolo presentiamo quindi le nostre proposte per la Missione 5 (Equità sociale, di genere e territoriale), che si concentrano su startup, lavoro, welfare e integrazione.
Start up
Nel 2020, le start up innovative in Italia erano circa 12mila. Il settore è in crescita e mostra valori elevati di occupazione, redditività e valore aggiunto. A dimostrazione della resilienza e vocazione digitale del settore, nel 2020 il numero di start up è aumentato del 10%, nonostante la pandemia. Nel Pnrr, gli interventi a favore di innovazione e imprenditorialità mancano di una visione organica, e trascurano il tema delle start up innovative. Su questo fronte occorre:
1. Creare un ecosistema nazionale di supporto al settore che riunisca le iniziative di supporto esistenti, crei un brand per gli aderenti e centralizzi la comunicazione degli strumenti a supporto delle start up (e.g. French Tech Seed);
2. Offrire strumenti specifici per ogni fase di vita della start up;
3. Fare leva sull’iniziativa privata, offrendo, ad esempio, strumenti di co-matching pubblico-privato, oppure sgravi fiscali per l’investimento di capitali privati con detassazione della plusvalenza;
4. Includere Venture Capitalist, Business Angels, fondi di Private Equity che supportino la crescita dell’ecosistema, stimolando l’apporto di capitale privato.
Mercato del lavoro
Il mercato del lavoro presentava evidenti problematiche, soprattutto per i più giovani, già prima della pandemia. L’Italia ha una disoccupazione giovanile e un’incidenza di Neet (giovani che non lavorano e non studiano) tra le più alte in Europa. La precarietà giovanile è in parte riconducibile all’estesa diffusione dei contratti con durata inferiore all’anno, di cui si abusa per ottenere lavoro a basso costo. Proponiamo, dunque, di riorganizzare gli strumenti contrattuali per l’accesso al mercato del lavoro:
1. Limitare il tirocinio extracurriculare alle esperienze lavorative brevi, così che i giovani possano utilizzarlo come uno strumento flessibile per il proprio orientamento professionale. La durata verrebbe limitata a 6 mesi, anziché 12, senza possibilità di rinnovo nella stessa azienda. La continuazione del rapporto lavorativo avverrebbe trasformando il tirocinio in un apprendistato o in un contratto più stabile;
2. Utilizzare il contratto di apprendistato per l’accesso dei giovani al mercato del lavoro. Limitarlo ai giovani senza esperienza lavorativa ne eviterebbe un utilizzo improprio come contratto a basso costo. L’istruzione formale prevista dal contratto non dovrebbe essere obbligatoria, ma andrebbe incentivata creando un conto personale per l’apprendista: i giovani accumulerebbero “punti” durante l’esperienza lavorativa, da spendere in corsi formativi di propria scelta e/o suggeriti dal datore di lavoro. Infine, la semplificazione dell’iter amministrativo in carico alle imprese e opportuni sgravi fiscali, che potrebbero essere legati ai punti accumulati dal giovane in formazione, favorirebbero l’uso dell’apprendistato rispetto ad altre forme contrattuali.
Stesse preoccupazioni e proposte affini possono essere ritrovate nella campagna “Salva lo Stagista Frust(r)to” lanciata qualche settimana fa da Giovani Democratici.
Asili nido
L’offerta di asili nido è un altro tema che unisce istruzione e mondo del lavoro, nello specifico l’occupazione femminile. La letteratura economica mostra effetti positivi dell’offerta di servizi di assistenza all’infanzia sulla partecipazione delle donne alla forza lavoro.
Attualmente, il Pnrr stanzia 3,6 miliardi di euro per il Piano Asili Nido, che si prefigge l’obiettivo di superare entro il 2026 la soglia del 33% di copertura pubblica per i bambini di età 0-3 anni. Tuttavia, questo obiettivo era già stato fissato nel 2002 dal Consiglio Europeo e convertito in legge nel 2017. Non viene però nominata la necessità di eliminare le marcate disuguaglianze regionali, correlate con i risultati occupazionali delle donne italiane.
Tortuga propone di raggiungere l’obiettivo del 33% entro il 2025 a livello regionale, e non nazionale, così da superare le discrepanze regionali. A quel punto, l’Italia dovrebbe mirare a una copertura nazionale del 60% entro il 2030, come suggerito nel Piano Colao. Secondo stime Ocpi, le risorse da stanziare per raggiungere il 60% sono circa 8,1 miliardi per le spese d’investimento e 4,3 miliardi per le spese correnti aggiuntive. Somme ben superiori ai 3,6 miliardi previsti dal Pnrr, verosimilmente insufficienti a rilanciare l’occupazione femminile.
Reddito di Cittadinanza (RdC)
I giovani under-35 sono la fascia di età più a rischio povertà. Mentre tra gli over 65 l’incidenza della povertà assoluta si attesta al 5%, tra i minorenni raggiunge il 12% (dati Istat). Negli ultimi 15 anni la forbice si è costantemente allargata, sotto la pressione dell’elevata disoccupazione giovanile. Risulta, pertanto, importante intervenire sul contrasto alla povertà e soprattutto sulla povertà abitativa.
Nonostante le ingenti risorse investite, il Reddito di Cittadinanza (RdC) spesso non raggiunge con efficacia le categorie a rischio di povertà assoluta. Mentre i piccoli nuclei familiari ricevono un ammontare piuttosto elevato, le famiglie numerose con figli possono versare in difficoltà economiche anche quando hanno accesso alla misura, poiché il sussidio è inferiore alla soglia di povertà. Questa distorsione è dovuta alla scala di equivalenza del Reddito di Cittadinanza, Tortuga propone quindi di sostituire la scala di equivalenza dell’RdC con l’attuale scala Isee.
Un altro svantaggio per le famiglie numerose è la mancanza di proporzionalità dell’integrazione al RdC per le spese di affitto, nonostante le spese e i bisogni abitativi di una famiglia aumentino con le sue dimensioni. Sarebbe opportuno aggregare in un unico strumento (ad esempio il già esistente Fondo Sociale per l’Affitto), distinto rispetto al RdC, tutte le misure di contrasto alla povertà abitativa.
Integrazione e coesione sociale
Infine nel Pnrr manca attenzione all’integrazione e all’inclusione di migranti, rifugiati, richiedenti asilo o protezione speciale, importanti anche per garantire coesione sociale nelle comunità di arrivo. Tra il 2016 e il 2017, per ogni persona inserita in un progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) ve ne erano 6 nei Cas (Centri di Accoglienza Straordinaria): un imbuto, di fatto, tra accoglienza e integrazione.
Tortuga propone quindi una modifica dell’impianto dei visti, menzionata nello scorso articolo, con l’obiettivo di stimolare flussi regolari di persone qualificate e superare l’attuale impianto normativo, volto a regolarizzare i lavoratori stagionali già presenti.
Invece nel caso della migrazione per necessità è fondamentale investire più risorse nelle iniziative comunali del Sai (Sistema di Accoglienza e Integrazione) e riportare i Cas alla loro funzione originaria di strutture emergenziali di prima accoglienza.
Inoltre, si potrebbero usare i fondi europei per creare un’infrastruttura nazionale di raccolta dati per il monitoraggio delle strutture, il raccoglimento delle best practice e l’elaborazione dei livelli essenziali di prestazione. Infine, è importante utilizzare il Servizio Civile Universale, per cui il Pnrr propone di aumentare la dotazione, per offrire un canale alternativo di inclusione sociale nelle località che non partecipano al Sai. A tal fine, si potrebbe potenziare questo strumento stimolando iniziative private e del terzo settore.
Qui si conclude il ciclo di articoli con le nostre proposte per il Pnrr. Ci siamo concentrati sulle Missioni 4 e 5 poiché abbiamo ritenuto che fossero le Missioni meno solide e ricche del Piano. Inoltre, queste sono le Missioni che impatteranno direttamente e più nell’immediato la vita delle nuove generazioni italiane: per questo, è necessario che tali interventi siano quanto più possibile solidi, efficaci e innovativi. Interventi che ci auguriamo possano essere implementati dal nuovo Governo.