Articolo pubblicato per Euractiv, in collaborazione con Corriere della Sera

Aumentare il numero e la qualità delle abitazioni di edilizia sociale attraverso l’uso dei fondi di Next Generation EU contribuirebbe a rispondere al problema della povertà abitativa in Italia, affrontando la questione da un punto di vista strutturale e non solo emergenziale.

In un primo articolo abbiamo analizzato la situazione europea in termini di politiche abitative, tra offerta di housing pubblico, trasferimenti monetari alle famiglie e controllo dei prezzi.

Anche in Italia la crisi pandemica ha evidenziato, in maniera allarmante, storture e criticità di un mercato immobiliare già da tempo problematico. Secondo le stime, durante il lockdown circa una famiglia su quattro ha avuto difficoltà a pagare l’affitto, e più del 40% dei nuclei pensa di avere difficoltà con il canone nei prossimi dodici mesi.

Il disagio abitativo in Italia pesa sulle categorie svantaggiate e non riceve una risposta adeguata

Stando ai dati Eurostat, nel 2018 l’8,2% della popolazione ha speso più del 40% del proprio reddito per le soluzioni abitative. Nonostante a livello assoluto sia lievemente inferiore alla media europea, la percentuale sale al 29% (media UE 25,1%) considerando soltanto gli affittuari, mentre scende al 3.3% considerando invece i proprietari con un mutuo a carico. Tale disaggregazione rende ancora più critica l’analisi riportata nel rapporto Nomisma/Federcasa uscito a maggio 2020, che sottolinea come soltanto il 4% della popolazione abbia accesso ad alloggi in affitto con canoni agevolati. Il totale dei nuclei familiari residenti in complessi ad accesso agevolato, facenti parte dello stock di immobili dell’Erp (Edilizia Residenziale Pubblica), sono circa 700 mila.

Eppure, le politiche sociali volte ad arginare il disagio abitativo risultano poco effettive nel panorama normativo e di investimento pubblico italiano. Se si scompone la spesa pubblica per protezione sociale (pari al 20,8% del Pil) in capitoli di spesa, alla voce housing è destinato appena lo 0,5%. A questo si aggiunge l’1% circa del totale di spesa pubblica destinata allo sviluppo di iniziative immobiliari e di pianificazioni di settore.

Le tipologie di politiche implementate nell’ambito dell’edilizia pubblica si possono classificare in tre ambiti: la già citata Edilizia Residenziale Pubblica, ovvero stock immobiliare affittato a prezzi agevolati a nuclei familiari in condizioni di forte disagio, l’Edilizia Sociale di Mercato, e le locazioni a canone concordato nell’ambito del mercato immobiliare privato. Come analizzato in un precedente articolo, l’Edilizia Sociale di Mercato (o social housing) è stata introdotta in Italia nel 2008 attraverso il Piano casa, che si basa sul rafforzamento di partenariati pubblici e privati, attraverso l’istituzione e il progressivo incremento di un Sistema Integrato di Fondi (SIF) per finanziare soluzioni abitative ad accesso agevolato.

La rilevanza delle misure di welfare abitativo e dei conseguenti investimenti nell’ambito housing delle politiche sociali emerge soprattutto guardando ai dati italiani sull’incidenza della povertà assoluta: il 15.1% delle famiglie in affitto si trova in condizioni di povertà. A queste si aggiunge la fetta sempre più consistente di popolazione, in aumento del 12.7% tra il 2018 e il 2019, definita “fuori mercato” rispetto alla domanda del mercato immobiliare. Si tratta di famiglie solitamente con figli, con un reddito mensile familiare basso e proveniente da un’unica fonte, che si trovano impossibilitate ad acquistare un’abitazione con le proprie finanze e alle quali contemporaneamente è negato l’accesso ai mutui, nonostante manifestino un bisogno abitativo. Come mostrato nella Figura 1, tra le famiglie a più basso reddito l’incidenza di coloro che spendono più del 40% del reddito disponibile per l’abitazione è estremamente elevata sia per gli affitti (32.1%) che per i mutui (42.1%). (Figura 1)

Complice un mercato immobiliare storicamente legato alla proprietà privata, in Italia il tema del sostegno all’affitto attraverso l’intervento pubblico o l’incentivo all’intervento privato è ancora troppo debole e marginale.

Un’ulteriore considerazione riguarda la categoria dei giovani, che subisce pesantemente gli effetti di un mercato immobiliare ad accesso proibitivo e di un mercato degli affitti privati ad altissimi costi. Le conseguenze di queste dinamiche si traducono in un’impossibilità materiale di intraprendere un percorso di autonomia dalla famiglia di origine e influenzano le scelte di vita dei ragazzi e delle ragazze, siano essi studenti o giovani lavoratori e lavoratrici. Nel 2019, i giovani tra i 18 e i 34 ancora conviventi con almeno un genitore in Italia erano il 64,3%, a fronte di una media europea del 50,4%. Considerando soltanto la classe 25-29 anni, il divario è ancora più impressionante: il 64% contro il 42,3% osservato in Europa.

La sostenibilità delle soluzioni abitative e l’adeguatezza degli strumenti di social housing e di supporto all’affitto possono svolgere un ruolo determinante nel modificare questa situazione.

Next Generation EU rappresenta un’occasione per intervenire sulle politiche abitative

La bozza del Piano di Ripresa e Resilienza prevede 2 miliardi di euro per la riqualificazione energetica e il miglioramento sismico dell’edilizia residenziale pubblica nel “Programma Safe, Green and Social” all’interno della Missione “Transizione ecologica”. La missione “Coesione sociale e territoriale” devolve ulteriori 2,8 miliardi a interventi di potenziamento dell’edilizia sociale e alla costituzione di un fondo chiamato a investire in fondi target immobiliari per sviluppare progetti di alloggi a prezzi accessibili. Da una breve analisi comparata, la questione abitativa si delinea come un’emergenza diffusa e strutturale a livello europeo. La carenza dell’Italia nell’edilizia residenziale pubblica rispetto a molti Paesi richiede una particolare attenzione agli investimenti in questo ambito. In particolare, emerge come in molti Paesi le politiche di social housing non siano solo rivolte alle fasce di popolazione in povertà estrema, ma si rivolgano anche a fasce meno vulnerabili prevedendo, ad esempio, agevolazioni per i più giovani.

Aumentare il numero e la qualità delle abitazioni disponibili a prezzi ridotti con i fondi del Pnrr contribuirebbe a rispondere al problema della povertà abitativa in Italia, affrontando la questione da un punto di vista strutturale e non solo emergenziale.

Considerando il lato dei trasferimenti monetari, nel libro “Ci Pensiamo Noi” Tortuga propone il potenziamento del Fondo Sociale per l’Affitto e l’introduzione di uno strumento specificamente pensato per il contrasto della povertà abitativa, con requisiti di accesso distinti dal Reddito di Cittadinanza. Il trasferimento potrebbe dipendere sia dalla numerosità del nucleo familiare che dall’area di residenza al fine di beneficiare quanti non possono permettersi di vivere nelle grandi città, ma che trarrebbero vantaggio dallo spostarsi in termini di carriera universitaria o professionale.

A questo tipo di misure dovrebbero unirsi degli interventi dal lato dell’offerta per evitare spirali inflazionistiche. Delle politiche abitative coraggiose, sia nella riqualificazione e allargamento dello stock di housing pubblico che nei trasferimenti, potrebbero rendere l’affitto una possibilità più accessibile e sostenibile, offrendo inoltre una reale prospettiva di indipendenza abitativa per i giovani.

Ha collaborato con Tortuga all’articolo:

Benedetta Mina, laureata in Economia e Politica Economica all’Università di Bologna, è dottoranda in Economics and Finance all’Università di Tor Vergata. Si occupa di misurazione e distribuzione del benessere e di economia pubblica.

Tortuga è un think tank di studenti, ricercatori e giovani professionisti nel campo dell’economia e delle scienze sociali.

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