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Dal 2022 ci si aspettava alta crescita e prezzi bassi. Invece, le previsioni indicano che ci aspetta un anno di bassa crescita economica e prezzi alti. Colpa della guerra in Ucraina e dell’aumento dei prezzi delle materie prime. Benvenuti nel peggiore degli scenari possibili.

Dopo lo shock causato dal Covid e la ripresa iniziata lo scorso anno, dal 2022 ci si attendeva un importante salto in avanti per l’economia mondiale. A partire da febbraio, invece, istituzioni come OCSE, Banca Mondiale e BCE hanno tagliato le previsioni di crescita, pubblicando nuove stime sempre più pessimistiche. Il Fondo Monetario Internazionale prevedeva in aprile una crescita del 3,6%, un punto percentuale in meno di quanto stimato a gennaio. La Banca Centrale si ferma al 2,9%. Non bisogna farsi ingannare dai valori positivi: i dati indicano un rallentamento significativo rispetto al 2021, quando la crescita si assestò intorno al 6%, e siamo ancora in una fase di rimbalzo dopo il brusco calo causato dalla pandemia.

Le cause della crisi


In Europa, le difficoltà sono dovute soprattutto alla guerra in Ucraina. L’impennata del costo dell’energia e delle materie prime sta mettendo a dura prova le industrie e i cittadini, deteriorando le finanze pubbliche dei paesi coinvolti. In Cina, i durissimi lockdown hanno inciso sulla produzione industriale e sulla domanda interna, con conseguenze pesantissime per il commercio mondiale. Nei paesi più poveri, milioni di persone stanno soffrendo un’impennata del costo del grano e si teme una crisi alimentare.

Tutto il mondo sta facendo i conti con un aumento drammatico dell’inflazione. Questo ha spinto le più importanti banche centrali, tra cui la Fed americana, ad alzare drasticamente i tassi di interesse: in questo modo, risparmiare diventa più conveniente e diminuisce la domanda nel breve termine. Questo rallenta la crescita dei prezzi, ma alimenta il rischio di una recessione. In Europa, la BCE ha interrotto la sua politica espansiva dopo oltre un decennio, creando ulteriori preoccupazioni ai paesi molto indebitati come l’Italia, che risentiranno della fine del programma di acquisto di titoli di stato iniziato durante la Pandemia.

Lo spettro della stagflazione


La Banca Mondiale ha affermato che potremo assistere ad un periodo caratterizzato da  bassa crescita e alti livelli di inflazione, in uno stato di cosiddetta stagflazione. Ci sono diverse analogie con gli anni 70, quando il termine divenne di uso comune: anche in quel caso, la crisi fu innescata da un aumento del costo dell’energia causato dallo scoppio di alcuni conflitti armati. Anche allora, la politica monetaria era molto accomodante, limitando pesantemente le possibilità di intervento delle banche centrali e rendendo inevitabile una profonda recessione.

Esistono però importanti differenze: cinquant’anni fa, l’inflazione era estremamente radicata nell’economia, al punto che tutti davano per scontati alti livelli di inflazione nel futuro. Oggi invece le aspettative sono molto diverse: l’attuale aumento dell’inflazione è visto come una condizione temporanea. C’è stato un vero e proprio cambio di paradigma nella politica monetaria: se prima le priorità includevano l’occupazione e la crescita economica, oggi le banche centrali hanno un mandato chiaro: garantire la stabilità monetaria.

Come afferma Paul Krugman, se il 2022 segnerà davvero il ritorno della stagflazione, questa sarà molto diversa da quella a cui gli anni 70 e 80 ci avevano abituati.

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