Articolo pubblicato per Fanpage
Negli ultimi vent’anni, siamo stati l’unico Paese europeo a veder diminuire i salari reali. Un primato che non si spiega con il costo del lavoro più elevato. Le vere ragioni sono altre.
Negli ultimi giorni si è parlato molto del mancato aumento dei salari in Italia per via di questo grafico, che mostra come l’Italia sia l’unico paese Europeo in cui i salari medi non siano cresciuti negli ultimi 20 anni. Il dibattito si è concentrato sulle cause di questa mancata crescita, ma per comprenderle appieno bisogna chiarire alcuni punti. Da dove partire?
Punto primo: una decrescita comune a tutti i settori
Innanzitutto, è comune che gli stipendi siano parecchio diversi tra settori economici: se la loro crescita fosse molto diversa tra settori, sarebbe più facile individuare le ragioni del declino. Eppure, una veloce analisi dei dati mostra come i salari medi siano diminuiti in tutti i settori economici negli ultimi anni.
Ma l’analisi del salario medio rappresenta solo un “riassunto” della situazione degli stipendi italiani: per comprendere bene la storia bisogna leggere tutto il libro e non accontentarsi dei riassunti, cioè studiare l’intera distribuzione dei salari e non focalizzarsi unicamente sulla media.
Punto secondo: non tutti ne sono affetti
Per farlo, abbiamo fatto una classifica delle imprese italiane a seconda del salario che pagano ai propri dipendenti e – fatte 10 le imprese – abbiamo selezionato la nona, la quinta e la seconda.
La distanza tra gli estremi selezionati e il valore centrale (la mediana) ci dirà se siano i salari più bassi o quelli più alti a essere diminuiti. In realtà, entrambe le distanze sono aumentate, sia quella tra i salari alti e mediana, che quelli tra salari bassi e mediana.
Punto terzo: occorre guardare un po’ più a fondo
Cosa ci dicono questi dati? Da un lato, che ci sono sempre più lavoratori pagati poco, mentre quelli pagati molto sono sempre meno, ma che hanno aumentato i loro stipendi nel tempo. Questa differenza nella paga dei lavoratori è prevista dalla teoria economica, secondo cui i lavoratori dovrebbero essere pagati in base alla loro produttività. La produttività è un concetto che spiega quanto sia possibile produrre a parità di risorse utilizzate, si tratti di ferro in un contesto industriale, o di ore di lavoro umane nel settore dei servizi. Un’altra ragione della diminuzione dei salari risiede proprio nella produttività: è risaputo – e i dati lo dimostrano – che in Italia la produttività sia ferma al palo da anni, e anche per questo i salari non aumentano.
Però, non tutte le imprese pagano i propri lavoratori secondo la loro produttività: alcune riescono a pagarli meno di quanto dovrebbero, comprimendo così la crescita dei salari medi. Si tratta del potere di monopsonio, che alcune imprese hanno e sfruttano per abbassare i propri costi legati alla manodopera. Alcune imprese, tramite questo potere contrattuale maggiore che hanno a disposizione, riescono a pagare i lavoratori meno di quanto dovrebbero: in generale, questo porta a una diminuzione dei salari medi, perché compressi immotivatamente da alcune imprese con il solo scopo di contenere i propri costi.
Infine, alcuni fattori strutturali dell’economia italiana contribuiscono a modellare il livello delle retribuzioni, ma non possono spiegare la differenza così marcata nel tasso di crescita riscontrata negli ultimi vent’anni nei confronti degli altri Paesi europei. Un fattore spesso citato nel dibattito sulla crescita è il costo del lavoro: è comune pensare che il costo del lavoro sia esageratamente alto in Italia, e spesso si propone di abbassarlo per far aumentare il livello delle retribuzioni nette. Nonostante ciò, va sottolineato come l’Italia non spicchi tra i Paesi europei con il costo del lavoro più alto: in una nota dell’Eurostat viene mostrato come il costo del lavoro nel 2019 sia totalmente in linea con la media dell’Unione Europea, e addirittura minore della media dell’area Euro. Inoltre, è significativamente minore rispetto a quello di paesi concorrenti come la Germania o la Francia. Tutti questi paesi hanno visto i propri salari medi crescere, nonostante un costo del lavoro più alto e cresciuto più di quanto successo per l’Italia (+3,30 euro per lavoratore in Italia, +5,63 e +6,83 per Francia e Germania, rispettivamente – dati Eurostat).
Come far crescere allora i salari in Italia: alcuni spunti
Per riassumere, tutti questi fattori (declino dei salari comune tra tutti i settori, diminuzione dei salari medi tra i lavoratori più poveri, diminuzione del numero dei lavoratori pagati molto, potere di mercato delle imprese) portano ad una diminuzione dei salari medi. Chiaramente, questa analisi non comprende altri elementi fondamentali a spiegare la mancata crescita dei salari, come il sempre crescente ricorso a contratti atipici. Cosa fare, quindi? Vista la criticità dell’estremo sinistro della distribuzione dei salari (lavoratori pagati meno), implementare strumenti che rinforzino i minimi salariali può aiutare a fermare il declino. Una delle possibilità di cui si parla in questi giorni è l‘introduzione di un salario minimo, uno strumento efficace in questo senso. D’altro canto, è fondamentale per l’Italia ripopolare l’estremo destro della distribuzione, cioè far aumentare anche il numero di lavoratori che guadagnano stipendi alti. Per farlo, è necessario che le nostre imprese diventino più produttive: agire sulla concorrenza, incentivare l’innovazione tecnologica, favorire strutture manageriali più efficienti, sono alcune delle strade da percorrere per ripartire.