Articolo pubblicato su Econopoly
Pubblichiamo il primo di due lavori premiati da Tortuga Call for Policy Papers, un concorso di policy brief rivolto a studenti e studentesse di magistrale e ultimo anno di triennale, e giovani ricercatori e ricercatrici. L’obiettivo è individuare alcune proposte di policy di potenziale impatto per lo scenario italiano e raccogliere idee dalle nuove generazioni. Di seguito l’articolo scritto dalla vincitrice della categoria junior, Marika Fasola (assistente di ricerca presso l’Università Bocconi).
Sintesi
- Le pensioni delle donne risultano inferiori rispetto a quelle degli uomini a causa di differenze salariali e carriere frammentate.
- Le ragioni includono minori contributi previdenziali e discriminazioni di genere nel mondo del lavoro.
- È essenziale intervenire per ridurre il gap pensionistico e garantire equità tra i sessi.
- È importante sensibilizzare l’opinione pubblica su questa problematica e promuovere cambiamenti.
In Italia il divario pensionistico aumenta ed è superiore alla media europea
L’aumento della longevità, l’elevato numero di pensionati e l’attenzione verso le differenze di genere rendono il fenomeno della disparità tra le pensioni di uomini e donne sempre più rilevante. Le donne, vivendo più a lungo, affrontano un rischio maggiore di povertà pensionistica, spesso a causa di risparmi insufficienti e pensioni inferiori rispetto agli uomini.
Il gender pension gap rappresenta la differenza tra il reddito pensionistico medio di donne e uomini. Nel contesto europeo, nel 2019, tale divario si attestava mediamente al 30%, mentre in Italia raggiungeva il 33,2%. Nel nostro paese, inoltre, il divario è salito da €3900 nel 2001 a €6100 nel 2021, secondo dati dell’Inps del 2022.
Il legame tra pensione e stipendio: il ruolo del sistema pensionistico
La struttura del sistema pensionistico è uno dei fattori che più contribuiscono al divario, poiché rispetto agli uomini, le donne tendono ad avere carriere più discontinue e più caratterizzate da prolungati intervalli di inattività non supportati da contributi previdenziali. Inoltre, il divario salariale di genere, la tendenza delle donne a preferire lavori part-time e le discriminazioni di genere ancora esistenti sul luogo di lavoro si riflettono direttamente sul reddito pensionistico. Per questo, criteri pensionistici uniformi, basati su età e contribuzione, rendono più difficile per le donne soddisfare i requisiti di anzianità necessari al pensionamento. Questo si traduce spesso in un ritardo nell’età pensionabile e in prestazioni inferiori.
Sotto la lente: fattori determinanti del divario pensionistico di genere
Nel policy report vincitore della categoria junior della Tortuga Call for Policy Papers 2023, analizzo i fattori che contribuiscono al gender pension gap in Italia, basandomi sui dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie italiane forniti dalla Banca d’Italia. Questo studio si concentra esclusivamente sui pensionati che ricevono una pensione derivante da un’attività lavorativa pregressa, escludendo quindi coloro che percepiscono altri tipi di pensioni, come quelle di reversibilità o sociale. Nonostante questa esclusione tenda ad attenuare le disparità di reddito pensionistico tra uomini e donne, emerge una differenza sostanziale: a parità di altri fattori, essere donna comporta una riduzione del reddito pensionistico mensile superiore al 23%.
L’analisi evidenzia che le principali differenze nei fattori che influenzano le prestazioni pensionistiche tra uomini e donne includono lo stato civile, l’età, gli anni di contributi e le riforme pensionistiche. Una porzione significativa (14,5 punti percentuali) della disparità pensionistica di genere può essere attribuita alle diverse decisioni riguardanti pensionamento e contribuzione adottate da uomini e donne.
Diversi studi (come questo, questo, questo, e questo) mostrano l’influenza significativa del ruolo sociale delle donne sulla loro carriera. La persistente suddivisione dei ruoli all’interno delle unità familiari continua ad assegnare alle donne la maggior parte del lavoro di cura, specialmente i compiti legati all’assistenza dei bambini e degli anziani. Non sorprende, quindi, che l’effetto del matrimonio sul reddito pensionistico individuato da questo studio differisca a seconda del genere. Gli uomini non sposati registrano una pensione inferiore del 10,7% rispetto a quanti sono sposati. Al contrario, le donne nubili percepiscono una pensione più alta dell’8% rispetto a quelle sposate. Questo rapporto mette in evidenza l’importanza dei ruoli di genere come già illustrato negli studi sull’impatto dei figli sulla carriera lavorativa delle donne.
Per finire, le disparità non spiegate da fattori osservabili devono essere ricondotte a comportamenti e decisioni di uomini e donne, oltre che alle discriminazioni subite durante il corso della vita lavorativa degli individui, che purtroppo costituiscono ancora uno dei fattori principali del divario di genere nelle pensioni.
Un problema complesso richiede soluzioni complesse
La ricerca evidenzia la complessità di un problema che coinvolge molteplici fattori, rendendo difficile lo sviluppo di un’unica politica per risolverlo.
1) Estensione del congedo di paternità
Considerando l’impatto negativo dello stato civile, della maternità e delle attività di cura in generale, emergono diverse criticità. Innanzitutto, il rilevante squilibrio tra i congedi di maternità e di paternità non solo posiziona le madri in una condizione svantaggiosa, ma contribuisce anche a perpetuare l’idea che siano principalmente le donne a doversi occupare della gestione dei figli. Un approccio utile potrebbe consistere nell’estendere i congedi di paternità, promuovendo una distribuzione più equa delle responsabilità familiari.
2) Investimenti per asili e cura degli anziani
Un altro problema che molte coppie devono affrontare è legato alla disponibilità e all’accessibilità economica degli asili nido, attualmente non in grado di soddisfare le esigenze della maggior parte delle famiglie. Maggiori investimenti in questo settore potrebbero alleviare il peso sulle donne, spesso costrette ad abbandonare il mercato del lavoro per dedicarsi alla cura dei figli. Altresì, i servizi per gli anziani, come le cure a domicilio o le case di riposo, risultano spesso eccessivamente costosi per molte famiglie e non sempre facilmente reperibili. In questo contesto, si potrebbe valutare l’implementazione di opzioni più economiche al fine di fornire un sostegno adeguato alle famiglie che necessitano di assistenza per gli anziani.
3) Rimodellamento del sistema pensionistico
Concentrandosi ora sugli anni di contributi e sulle riforme pensionistiche, sarebbe opportuno rimodellare i sistemi pensionistici tenendo conto delle caratteristiche che portano le donne a percepire prestazioni pensionistiche inferiori. Ad esempio, implementando criteri di eleggibilità che consentano interruzioni di carriera o lavoro part-time. In un sistema contributivo, una soluzione potrebbe essere l’accredito di contributi figurativi ai fini pensionistici a favore del lavoratore costretto a smettere di lavorare, soprattutto per i periodi dedicati alla cura. Inoltre, le opzioni specifiche per le donne, come Opzione Donna, che aumentano il divario pensionistico dovrebbero essere scoraggiate.
4) Redistribuzione dei carichi familiari
Per quanto riguarda la discriminazione sul mercato del lavoro, essa può essere legata alla percezione di differenze nella produttività tra donne e uomini, ma anche tra madri e donne senza figli. In una certa misura, tali differenze potrebbero essere giustificate considerando l’impatto delle responsabilità familiari sui risultati nel mercato del lavoro. Diversi studi evidenziano che un aumento delle ore dedicate ai lavori domestici è associato a salari più bassi, con gli uomini sposati che dichiarano di dedicarvi meno tempo rispetto alle donne. In questa prospettiva, la vincitrice del Nobel 2023, Claudia Goldin, sottolinea il ruolo dei cosiddetti “greedy jobs”, ossia occupazioni che richiedono e talvolta ricompensano finanziariamente lunghe ore di lavoro e sforzi al di fuori degli orari o dei giorni di lavoro convenzionali.
La questione è chiara: le responsabilità familiari non si conciliano facilmente con questo tipo di occupazioni, e sono spesso le donne ad assumersi queste responsabilità. La riduzione del “prezzo della flessibilità” è possibile sfruttando le nuove tecnologie, ma anche sviluppando strutture organizzative creative, come i gruppi di lavoro. Questo tipo di cambiamento non solo andrebbe a beneficio delle donne, ma migliorerebbe la qualità della vita di tutti i lavoratori.
In conclusione, la discriminazione e i tradizionali ruoli di genere hanno un impatto significativo sul divario pensionistico tra uomini e donne. Sicuramente, la crescente emancipazione femminile e la riduzione della discriminazione, soprattutto nel mercato del lavoro, possono portare a una significativa riduzione del divario di genere nelle pensioni e a una diminuzione del rischio di povertà nella vecchiaia per le donne. Tuttavia, è fondamentale che i legislatori sostengano questo processo, evitando che il divario si ampli ulteriormente e, possibilmente, introducendo meccanismi redistributivi per affrontare tempestivamente il problema.