Articolo pubblicato su Mondo Economico

La polarizzazione politica di genere, amplificata dai social media, non ha precedenti nelle scorse generazioni. Mentre le donne tendono a mostrare maggiore sensibilità nei confronti di temi quali la tutela della salute e dell’ambiente, in quanto elementi essenziali di una società equa, molti uomini sembrano percepire queste questioni come meno centrali.


Sintesi

  • Tra i giovani emergono divisioni di genere su eutanasia, cannabis, ambiente e immigrazione.
  • Le donne tendono a mostrare maggiore apertura verso diritti e inclusione, mentre gli uomini risultano più tradizionalisti.
  • Per superare questa polarizzazione, serve un confronto che valorizzi prospettive diverse

Nelle società occidentali, dagli Stati Uniti alla Corea del Sud, passando per l’Europa, sta emergendo una nuova faglia politica che divide i giovani uomini dalle giovani donne. Studi recenti, tra cui quelli del Financial Times e dell’Economist, evidenziano che le giovani donne tendono a essere più progressiste e orientate a sinistra, mentre i giovani uomini mostrano un’inclinazione più conservatrice. Questo risultato fornisce una risposta almeno parziale a una domanda che confondeva gli esperti: come si spiega che la Generazione Z, considerata iper-progressista su molti temi, su altri sia sorprendentemente conservatrice? 

Secondo Alice Evans, ricercatrice in Sviluppo Internazionale al King’s College di Londra, questa polarizzazione politica di genere non ha precedenti nelle scorse generazioni e spazia da temi come le norme di genere e le disparità di carriera fino all’immigrazione. I social media amplificano questa polarizzazione, favorendo la creazione di bolle comunicative che separano giovani uomini e donne. 

In Italia, questa polarizzazione è meno evidente nelle preferenze politiche (come evidenziato da Europen Social Survey, European Values Study e Itanes). Tuttavia, alcuni temi particolarmente vicini alla sensibilità politica dei giovani hanno di recente avuto una grande eco mediatica e si prestano a un’analisi più approfondita. Attraverso lo studio di queste questioni, si possono comprendere meglio le dinamiche di genere e generazionali che caratterizzano il contesto italiano ed europeo. 

Eutanasia e interruzione volontaria di gravidanza: il ruolo dell’autonomia personale

L’eutanasia e l’aborto rappresentano due dei temi più dibattuti in ambito bioetico, e questo dibattito si è esteso alla politica. Susan M. Wolf, professoressa all’Università del Minnesota, ha spiegato in un articolo che nonostante queste due pratiche riguardino momenti molto diversi della vita umana, condividono principi filosofici comuni: da un lato, il diritto di prendere decisioni riguardanti il proprio corpo e la propria vita; dall’altro, la qualità della vita. Per quanto riguarda l’aborto, si fa riferimento sia al tipo di vita che è possibile garantire al nascituro, sia alla tutela della donna e della sua individualità nell’atto. Per l’eutanasia, l’attenzione si sposta sulle condizioni di vita del paziente, ponendo al centro il dilemma sull’eticità della scelta di togliersi la vita in seguito all’assenza di una prospettiva di miglioramento delle proprie condizioni di salute. 

Questo dibattito ha trovato espressione in Italia anche attraverso la recente iniziativa referendaria per la legalizzazione dell’eutanasia. Sebbene sia stato descritto come il “referendum dei giovani”, i dati dell’Associazione Luca Coscioni mostrano una chiara differenza di genere: tra gli under 35, oltre 30 giovani donne su 1000 hanno firmato la petizione digitale, contro meno di 20 giovani uomini. Questo divario suggerisce una maggiore sensibilità delle donne verso il diritto all’autodeterminazione e alla qualità della vita. 

Uso di cannabis: un terreno dominato dagli uomini

Se le donne risultano in prima linea nei due temi precedenti, l’uso di cannabis vede invece prevalere gli uomini sia in termini di consumo sia di sostegno alla legalizzazione. I dati del Dipartimento delle politiche antidroga rivelano che gli uomini consumano cannabis in misura significativamente maggiore rispetto alle donne in tutte le fasce d’età. Guardando ai dati raccolti dall’Associazione Luca Coscioni, questa tendenza è particolarmente evidente tra i giovani: nella fascia 15-24 anni, quasi 70 uomini su 1000 hanno firmato il referendum per la legalizzazione della cannabis, contro meno di 50 donne su 1000. Tra i 25-34enni hanno firmato 50 uomini e 30 donne su 1000, confermando il divario.

Le differenze di genere nell’uso di cannabis possono essere spiegate attraverso dinamiche culturali legate alla mascolinità. Per gli uomini, il consumo di cannabis può rappresentare un atto di affermazione personale, mentre le donne devono affrontare uno stigma sociale più marcato. 

In particolare, le donne che consumano cannabis si trovano spesso in una posizione marginale nelle reti di consumo, in cui si perpetuano dinamiche di potere. Da un lato, alcune adottano comportamenti più contenuti, coerenti con una posizione passiva legata a un’idea tradizionale di femminilità. 

Dall’altro, il consumo può essere visto come una sfida alle aspettative sociali di genere. In questi casi, le donne che consumano cannabis vengono percepite come “atipiche” o “alternative”, in quanto sovvertono ruoli tradizionali reclamando comportamenti considerati maschili. Questa dinamica, definita “gender crossing”, mette in evidenza come il consumo di cannabis non sia solo una pratica individuale, ma anche un atto che si inserisce in una cultura fortemente connotata in termini di genere. 

Cambiamento climatico: le donne in prima linea

I temi precedenti si prestavano naturalmente alla polarizzazione di genere, in quanto legati a diverse posizioni sui diritti civili e le norme di genere. È invece sorprendente notare un simile divario relativamente al cambiamento climatico, uno dei temi più urgenti del nostro tempo. Le donne, in particolare le giovani, mostrano una maggiore sensibilità verso le questioni ambientali rispetto agli uomini. 

Le donne sono mediamente più attente a mantenere comportamenti ecocompatibili, soprattutto nei comportamenti d’acquisto, come dimostrato dalle indagini di ISTAT. Per esempio, le donne sono più propense a leggere le etichette degli ingredienti (41,4% rispetto al 29,9% degli uomini), ad acquistare prodotti biologici (16,0% rispetto all’11,7% degli uomini) o a chilometro zero (25,6% rispetto al 21,4%). Sono inoltre in media più accorte a non sprecare acqua (72,3% rispetto al 67,2%) ed energia (74,9% rispetto al 70,5%). 

Questa differenza è legata solo in minima parte a opinioni sull’urgenza del cambiamento climatico. I dati dello European Social Survey mostrano che il 10% delle donne e l’8% degli uomini si dichiara “estremamente preoccupato” dalla questione ambientale; è “molto preoccupato” il 29% delle donne e il 27% degli uomini. 

Le ragioni di questo eco gender gap sono molteplici. Da un lato, le donne sono spesso più coinvolte nella gestione domestica, che le rende più consapevoli dell’impatto ambientale delle scelte quotidiane. Dall’altro, la sostenibilità è percepita dagli uomini come un comportamento in contrasto con le norme tradizionali di mascolinità. Superare queste barriere richiede una narrazione che renda la sostenibilità un valore condiviso e non limitato da stereotipi di genere. 

Immigrazione: opinioni divergenti sull’inclusione

L’immigrazione rappresenta un altro tema divisivo tra giovani uomini e donne. Le giovani donne sono generalmente più favorevoli all’immigrazione, in termini sia di quanti migranti accogliere nel paese, sia degli effetti che si aspettano da questa accoglienza. 

L’European Social Survey rivela che il 40% delle giovani donne accoglierebbe molti immigrati dello stesso gruppo etnico della maggioranza degli italiani, contro il 30% circa dei giovani uomini. Una differenza simile emerge rispetto all’accoglienza di “molti” immigrati di gruppi etnici diversi (31% contro 24%) e provenienti da paesi poveri extraeuropei (33% contro 28%). 

La visione sull’effetto dell’accoglienza dei migranti presenta una dinamica simile. Il 21% delle giovani donne e il 17% dei giovani uomini ritengono che i migranti rendano l’Italia un posto migliore in cui vivere, mentre il 7% delle giovani donne e il 10% dei giovani uomini ritengono che la rendano un posto peggiore. In generale, i giovani uomini tendono ad avere una posizione più neutrale o avversa rispetto alle giovani donne in materia di immigrazione, mentre queste ultime hanno posizioni più inclusive. 

Costruire una responsabilità condivisa

L’analisi della polarizzazione di genere su eutanasia, uso di cannabis, cambiamento climatico e immigrazione rivela non solo differenze di opinione, ma anche una diversa percezione del ruolo sociale di uomini e donne. Le diverse posizioni non sono infatti solo il risultato di differenze culturali o educative, ma rispecchiano la mancanza di una visione condivisa sulla responsabilità individuale e collettiva verso il benessere della società. 

Mentre le donne tendono ad avvicinarsi a questi temi con una sensibilità che vede il diritto all’autonomia e la tutela della salute e dell’ambiente come elementi essenziali di una società equa, molti uomini sembrano percepire queste questioni come meno centrali, anche per via di prospettive influenzate da norme tradizionali di genere. Questa dissonanza riflette la difficoltà di trovare una base comune che valorizzi una responsabilità sociale condivisa, non più ancorata a ruoli di genere predefiniti. 

Per superare questa polarizzazione è necessario promuovere una riflessione culturale e sociale sui ruoli e le responsabilità di ciascuno, indipendentemente dal genere, in relazione a questioni che toccano il benessere e i diritti di tutti. Un sistema educativo inclusivo può aiutare a costruire una visione condivisa, in cui uomini e donne si percepiscano ugualmente responsabili del benessere collettivo. Solo integrando prospettive diverse sarà possibile trasformare le differenze in una risorsa per affrontare le sfide del nostro tempo in modo più efficace e sostenibile. 

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