Pubblichiamo di seguito il contributo di Alessio Carrozzo Magli (dottorando di ricerca in economia all’Università di Bologna) e Chiara Notarangelo (dottoranda di ricerca in Future Earth, Climate Change and Societal Challenges all’Università di Bologna), finalisti della categoria senior nell’edizione 2023 della Tortuga Call for Policy Papers. La Tortuga Call for Policy Papers è il concorso di policy brief lanciato da Tortuga e rivolto a studenti e studentesse di magistrale e ultimo anno di triennale, e giovani ricercatori e ricercatrici. L’obiettivo è individuare alcune proposte di policy di potenziale impatto per lo scenario italiano e raccogliere idee dalle nuove generazioni.
Sintesi
- Una delle principali strategie di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata in un dato territorio consiste nell’aumentare l’occupazione locale attraverso investimenti pubblici.
- Negli ultimi decenni, la criminalità organizzata si è evoluta molto, acquisendo competenze economiche, finanziarie e legali che le permettono, tra le altre cose, di penetrare facilmente nell’economia legale.
- Questo genera un paradosso, in quanto gli investimenti pubblici che dovrebbero aiutare la popolazione locale a emanciparsi dal giogo mafioso finiscono per arricchire ulteriormente i mafiosi stessi, che sono ormai in grado di fare incetta di appalti pubblici.
- Il nostro policy report, presentato alla Tortuga Call for Policy Papers 2023, mostra come la relazione negativa esistente fra investimenti pubblici e presenza mafiosa nel secolo scorso si sia ormai invertita.
- I risultati suggeriscono che, mentre in passato la mafia deprimeva l’economia di un territorio, riducendo quindi la capacità di spesa pubblica locale, adesso le organizzazioni criminali hanno le competenze per poter attrarre più investimenti pubblici nelle loro zone di influenza, in modo da vincere facilmente un maggior numero di appalti.
- Proponiamo infine un nuovo indicatore che valuti il rischio della penetrazione mafiosa nelle imprese che partecipano ad appalti pubblici, considerando anche misure più indirette di controllo mafioso come ad esempio l’impiego di prestanome con la fedina penale pulita.
Criminalità organizzata e istituzioni pubbliche
La presenza della criminalità organizzata in Italia è un fardello pesante per la nostra società, con contrazione del Pil e del capitale sociale e impatti negativi sulla classe politica e sulle politiche pubbliche. Il costo umano, evidenziato dalle vite perse a causa di attività criminali, è altrettanto significativo. La criminalità organizzata, spesso radicata in contesti con istituzioni deboli e sviluppo economico limitato, richiede sforzi decisi per essere debellata. Piero Luigi Vigna, ex Procuratore Nazionale Antimafia, sottolinea l’importanza di creare nuove opportunità di lavoro per ridurre la dipendenza della popolazione locale dai servizi della criminalità organizzata.
Tuttavia, emergono situazioni paradossali in quanto recenti studi indicano l’espansione della mafia in contesti economicamente prosperi. In particolare, le organizzazioni criminali stanno diventando sempre più abili nel manipolare fondi pubblici e infiltrarsi in imprese legali per ottenere licenze per lavori pubblici. Il rischio è quindi che gli investimenti pubblici riescano a debellare criminalità meno sofisticate, favorendo invece organizzazioni più avanzate. Un esempio rivelatore è il “Sacco di Palermo” (1958-1963), durante il quale la mafia ottenne oltre 3.000 licenze edilizie su 4.000 rilasciate dal comune di Palermo. Attualmente, la penetrazione delle organizzazioni criminali nell’economia ha raggiunto livelli senza precedenti, con effetti negativi come il mascheramento delle attività criminali e un maggiore controllo del territorio nelle regioni coinvolte.
Nonostante gli sforzi del governo italiano nel 2011 con l’introduzione della Banca dati nazionale unica, della documentazione antimafia e dell’autocertificazione antimafia, questi strumenti presentano limiti, come la richiesta di certificati solo in casi specifici e la possibilità per le mafie di aggirare questi controlli ricorrendo a dei prestanome.
Investimenti pubblici e mafia
Il pannello A della Figura 1 mostra come durante la “Prima Repubblica” gli investimenti pubblici in Sicilia si siano concentrati prevalentemente in comuni non controllati dalla criminalità organizzata, secondo l’indicatore di presenza mafiosa sviluppato dall’Università di Messina. Intuitivamente, la presenza della criminalità organizzata è generalmente associata a una riduzione della qualità dei politici e della produzione locale, traducendosi in minori entrate fiscali e, di conseguenza, in minori risorse per il settore pubblico.
Figura 1. Investimenti pubblici nei comuni siciliani (1946-1992), in base alla presenza della mafia (pannello A); Risorse assegnate dal Fondo di Ripresa (2020) nei comuni siciliani, in base alla presenza della mafia (pannello B); Risorse assegnate dal Fondo di Ripresa (2020) nelle province italiane (in miliardi di euro), in base all’indice di penetrazione della mafia (pannello C).
Tuttavia, la situazione cambia drasticamente quando si osserva il pannello B, nel quale si evidenzia che la maggior parte delle risorse assegnate attraverso il Recovery Fund nel 2020 è stata destinata a comuni sotto il rigido controllo della mafia siciliana. Questo è probabilmente dovuto alla massiccia penetrazione della criminalità organizzata nell’economia legale degli ultimi decenni. L’effetto deleterio della mafia sugli investimenti pubblici causato dalla contrazione dell’attività economica (e quindi delle entrate fiscali) potrebbe essere ormai più che compensato dalla sua capacità di influenzare i politici e distorcere l’allocazione dei fondi pubblici. Questo schema emerge anche al di fuori della Sicilia. In particolare, nel pannello C della Figura 1 mostriamo che le province italiane con un maggiore indice di penetrazione mafiosa (elaborato da DIA e Eurispes nel 2019) hanno ottenuto in media più risorse attraverso il Recovery Fund nel 2020.
Una proposta per il monitoraggio
Proponiamo l’applicazione di un nuovo indicatore, PATMAPP (Penetration Assessment of Transnational Mafia In Public Procurement), per valutare il rischio di penetrazione mafiosa delle imprese che partecipano ai bandi pubblici. Essenzialmente, l’indicatore è la media ponderata di un insieme di 13 criteri (Figura 2), raggruppati in quattro macrocategorie, ossia:
- Reati legati a mafia e corruzione;
- Rischio di prestanome;
- Rischio di network;
- Trasparenza.
Gli indicatori diretti rivelano se le imprese sono controllate (direttamente o indirettamente) da criminali coinvolti in attività mafiose e/o corruzione. Naturalmente, le mafie hanno sviluppato strategie sofisticate per “ripulire” l’immagine delle imprese che controllano. Ecco perché, tra gli indicatori indiretti, includiamo diverse misure del rischio di prestanome, ovvero il rischio che le organizzazioni criminali assumano persone senza precedenti penali per gestire le loro attività economiche. Successivamente, includiamo un insieme di variabili che catturano il grado di connessione di un’impresa con l’economia criminale (legale o illegale). Infine, includiamo un criterio per valutare la trasparenza delle imprese, ossia il grado di divulgazione delle informazioni sopra menzionate.
L’ampio utilizzo di PATMAPP potrebbe consentire all’Italia di investire in territori impoveriti dalla presenza mafiosa senza arricchire paradossalmente le stesse organizzazioni criminali. A tal fine, riteniamo estremamente necessaria la collaborazione con le forze di polizia e le autorità competenti. In particolare, per il caso italiano, la Guardia di Finanza utilizza specifici database che consentirebbero una verifica rapida della affidabilità delle informazioni fornite dalle imprese.