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Pubblichiamo di seguito l’analisi del think tank Tortuga sui numeri della violenza di genere in Italia e in Europa, che dimostrano come il problema sia prima di tutto culturale.


Sintesi

  • La violenza contro le donne è un problema culturale che attraversa tutti i ceti sociali e paesi del mondo, compresa l’Italia. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), la violenza di genere comprende atti che causano danni fisici, sessuali o psicologici alle donne. Questo può avvenire sia in pubblico che in privato.
  • Nel periodo 2017-2021, il 45% delle donne vittime di omicidio è stato ucciso dal proprio partner, il 9% da un ex partner e il 26% da un altro parente. In altre parole, l’80% delle donne uccise è morto per mano di un familiare o di un partner. A confronto, gli uomini uccisi dal partner o dall’ex partner sono solo il 3,7%.
  • Per affrontare la violenza contro le donne, dobbiamo riconoscere la sua sistematicità e agire a livello culturale, politico ed economico. Solo attraverso l’analisi rigorosa dei dati possiamo comprendere appieno l’entità del problema e lavorare verso una società più sicura e giusta per tutte le persone.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) definisce la violenza contro le donne come “qualsiasi atto di violenza di genere che provochi, o possa provocare, danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà. sofferenza alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia che si verifichi in pubblico che in privato”. A differenza di altre forme di violenza, la violenza contro le donne è presente in tutti i ceti sociali, in tutti i paesi del mondo, inclusa l’Italia. Per comprendere appieno l’entità della violenza contro le donne in Italia, riteniamo cruciale condurre un’analisi approfondita dei dati disponibili.

Solo da un’analisi rigorosa dei dati, infatti, è possibile cogliere la sistematicità del fenomeno. Nonostante nel dibattito pubblico si tenda spesso a interpretare gli episodi di violenza di genere come manifestazioni di raptus o di istanze personali, i dati empirici dimostrano una realtà diversa, che spinge a ricondurre il fenomeno alla cultura su cui la nostra società e le nostre istituzioni politiche ed economiche sono fondate.

I numeri della violenza contro le donne in Italia

Per contestualizzare al meglio la situazione italiana della violenza di genere faremo ricorso a dati disponibili pubblicamente. Curiosamente, le statistiche ufficiali non adottano la definizione di femminicidio, rendendo le analisi più difficili. Tuttavia, permettono di differenziare le vittime sulla base del tipo di relazione con l’autore.

Guardando ai dati medi fra il 2017 e il 2021, il 45% delle donne vittima di omicidio è uccisa dal proprio partner, il 9% da un ex partner e il 26% da un altro parente. Ciò significa che, negli anni in questione, l’80% delle donne uccise è morta per mano di un familiare o di un partner. Per un rapido confronto, gli uomini uccisi dal partner o dall’ex partner, invece, sono solo il 3,7%. I dati riportano come gli uomini siano, in generale, vittime di violenza più frequentemente, ma in contesti chiaramente lontani da quello domestico e affettivo. Pur riportando informazioni relative solo a questa finestra temporale, i dati relativi al 2022 e al 2023 confermano che il rapporto non è cambiato: nel 2022 il 48% delle donne è stata uccisa da un partner/ex partner, a fronte del circa 4% degli uomini. Nei dati provvisori del 2023 si registra un trend analogo.

Un altro aspetto importante da considerare è l’evoluzione nel tempo del fenomeno: se gli omicidi volontari degli uomini sono caratterizzati da un trend in forte calo negli ultimi vent’anni, quelli che vedono le donne come vittime hanno subito una diminuzione molto meno marcata, come emerge dal grafico seguente.

La generale diminuzione degli omicidi nel nostro Paese può essere messa  in relazione con la  forte diminuzione degli omicidi in contesti di criminalità organizzata negli ultimi trent’anni, che coinvolgevano gli uomini in misura maggiore rispetto alle donne. L’Italia, infatti, è oggi il secondo paese più sicuro d’Europa se si guarda al tasso di omicidi ogni 100,000 abitanti. Allo stesso tempo, però, non si osserva una simile riduzione tra gli omicidi di donne in contesti familiari e relazionali.

Perché è importante usare il termine femminicidio

Il grafico seguente mostra il trend degli omicidi di donne diviso per tipo di relazione tra vittima e omicida, dove l’anno 2004 rappresenta l’anno di riferimento. Dal 2004 al 2021, gli omicidi di donne da parte di estranei o conoscenti sono diminuiti del 75%, mentre il tasso di donne uccise da familiari o (ex) partner è sceso a malapena del 15%.

Considerando quindi la diminuzione degli omicidi negli ultimi anni e il fatto che la maggioranza delle donne venga uccisa in contesti domestici e relazionali, emerge come negli ultimi due anni circa il 30% degli omicidi totali commessi in Italia si possa classificare come femminicidio e ricondurre ad una causa comune. Il fatto che gli omicidi “comuni” e quelli commessi nei confronti delle donne in contesti domestici seguano traiettorie diverse, dimostra come questi ultimi siano espressione di un fenomeno criminoso autonomo, determinato da cause sociali proprie. Di qui la rilevanza del termine “femminicidio” al fine di identificare questo fenomeno sociale specifico.

Guardando al contesto europeo, tra il 2010 e il 2021, l’Europa ha assistito a una riduzione media del numero di femminicidi, anche se con differenze tra aree geografiche: mentre sia l’Europa del Nord che l’Europa del Sud hanno registrato una diminuzione media dei femminicidi, l’Europa occidentale ha registrato pochi miglioramenti. Nel 2019, ultimo anno in cui l’Unodc (lo United Nations Office on Drugs and Crime) ha pubblicato dati confrontabili fra diversi paesi, in Italia l’85% delle donne vittima di omicidio è stata uccisa in ambito domestico per questioni legate al genere. Questa percentuale è fra le più alte in Europa.

Infine, va sottolineato che guardare all’evoluzione dei numeri di femminicidi è importante per cogliere l’andamento e la portata di un unico, estremo aspetto della violenza contro le donne, la violenza letale. Tuttavia, un’indagine svolta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità mostra che 1 donna su 3 nel mondo almeno una volta nella vita è stata vittima di violenza di genere. I pochi dati a disposizione sul nostro Paese risalgono ad un’indagine del 2014 di Istat e riportano una situazione simile nel contesto italiano. Ne emerge, infatti, che almeno il 30% delle donne intervistate dichiara di essere stata vittima almeno una volta di violenza fisica o sessuale. Nella stessa indagine, il 22% delle donne riporta di essere stata vittima di stalking da parte di un ex partner.

Comprendere le radici culturali del fenomeno

La mancanza di parità di genere, gli stereotipi culturali e i pregiudizi discriminatori contribuiscono a creare un contesto in cui le donne sono più esposte alla violenza di genere e trovano ostacoli significativi nel raggiungere una piena partecipazione sociale, economica e politica. La sistematicità della violenza di genere rende necessario partire dalla comprensione delle sue radici, ancorate nelle istituzioni economiche, politiche e culturali del Paese. Solo affrontando le radici profonde di questo fenomeno e promuovendo un impegno concreto da parte di ogni attore sociale, cittadino e cittadina, per l’uguaglianza di genere, possiamo sperare di costruire una società più equa e inclusiva per tutte e tutti.

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