Articolo pubblicato su Linkiesta

Il congedo di paternità rappresenta uno strumento importante per promuovere l’occupazione femminile, la natalità e una maggiore equità nei ruoli familiari, con ampio consenso tra cittadini, partiti e aziende.


Sintesi

  • L’estensione del congedo di paternità può unire diverse forze politiche per ragioni differenti, come la natalità, l’occupazione femminile e il sostegno alla famiglia.
  • Sondaggi in Italia e all’estero mostrano ampio supporto per il congedo di paternità, con molti lavoratori che richiedono un congedo prolungato e retribuito.
  • Chi beneficia del congedo riporta miglioramenti nel legame con i figli, nella serenità della partner e nella percezione della fattibilità di avere altri figli.

In molti paesi i padri hanno diverse settimane di congedo alla nascita del proprio figlio (6 nei Paesi Bassi, 16 in Spagna), mentre in Italia hanno accesso a solo due settimane di congedo INPS, retribuito al 100% e obbligatorio in seguito alla comunicazione di essere diventati padri.   

Su iniziativa dell’On. Quartapelle e con il supporto dell’On. Rossello, lo scorso 26 settembre il think-tank Tortuga ha presentato in conferenza stampa alla Camera dei Deputati un nuovo report sull’esperienza di una ventina di grandi aziende italiane che hanno spontaneamente introdotto una estensione al congedo di paternità garantito dalla legge italiana. La nostra analisi evidenzia l’importanza del congedo di paternità come strumento per sostenere l’occupazione femminile e la natalità, sottolineando la necessità di avere una politica nazionale di natura obbligatoria che garantisca almeno tre mesi di congedo totalmente retribuito per i padri. Ma gli attori politici hanno intenzione di implementare una politica di questo tipo? E come finanziarla? 

 Se il finanziamento di una politica è una questione di scelte, secondo Tortuga, il congedo di paternità è senza dubbio una politica che merita risorse. Ma, in Italia, sono presenti le condizioni di fattibilità politica? Un congedo di paternità è all’intersezione fra le posizioni dei partiti “di sinistra” e “di destra”. Non solo ne siamo convinti noi, ma anche la letteratura sulla politics (termine inglese con cui si definisce la politica come processo) dei congedi parentali è d’accordo. Infatti, come è evidenziato nel libro “The politics of paternity leave” (2011), le politiche di congedo sono all’intersezione tra questioni economiche, sociali e demografiche. Diverse parti politiche e attori sociali possono dunque trovarsi allineate sui congedi per ragioni differenti, dalla natalità ad una maggiore occupazione femminile fino alle norme di genere. Cassandra Engerman, ricercatrice dell’Università di Stoccolma, trova come l’introduzione di congedi parentali, tradizionalmente una politica più “di sinistra”, è correlata all’aumento di consensi per partiti conservatori che pongono la famiglia al centro del proprio programma politico.  

Allo stesso tempo, l’introduzione della politica stessa può essere rallentata proprio dal fatto che è supportata da motivazioni ideologiche contrastanti. Un recente studio sulla riforma del congedo parentale in Finlandia nel 2021 riporta esattamente questa dinamica: durante lo scorso decennio, i partiti progressisti mettevano enfasi sull’uguaglianza di genere, mentre i conservatori, seppur condividendo questo obbiettivo, vedevano il congedo soprattutto come uno strumento per aumentare l’occupazione materna. 

Ad ogni modo, una serie di sondaggi porta evidenze di come i cittadini supportino i congedi di paternità. In Italia, l’indagine condotta dal think-tank Tortuga tra oltre 1600 dipendenti di grandi aziende italiane (fra cui Vodafone e Nestle’) mostra opinioni pro-congedo, con una quasi unanimità del 96%, tra chi lavora in realtà che offrono già politiche virtuose di supporto alla genitorialità. Inoltre, chi lavora in aziende che offrono un congedo di paternità attribuisce alla politica un valore tale che non sarebbe disposto a lavorare, a parità di condizioni, in un’altra azienda che non offra il congedo. Anzi, il 40% vorrebbe un aumento di salario di almeno 1000 euro per rinunciare al congedo. Non solo viene attribuito un chiaro valore economico alla politica, ma i beneficiari riportano anche un impatto sulla vita familiare: la quasi totalità dei rispondenti dichiara che il congedo ha contribuito a creare un legame più stretto con i figli e ha avuto un impatto positivo sulla serenità della partner. Il congedo cambia anche la percezione della fattibilità di avere figli futuri, con più della metà dei beneficiari che dichiara che aver usufruito della politica ha reso più facile l’idea di avere altri figli. Un impatto sulla natalità non è quindi solo un effetto desiderato da chi introduce la politica, ma qualcosa che sembra già tangibile nelle preferenze di chi, di quel congedo, ne ha beneficiato. Chi ha già beneficiato della politica a livello aziendale offre anche chiare indicazioni su come il congedo andrebbe implementato: per il 95% dei partecipanti il congedo dovrebbe essere di almeno un mese, per oltre la metà di almeno tre. Inoltre, per più della metà dei partecipanti il congedo dovrebbe essere obbligatorio.  

Anche all’estero l’opinione pubblica sostiene una politica di congedo di paternità. Da un sondaggio di Working Families svolto nel Regno Unito a marzo emerge ampio supporto per i congedi fra la popolazione, con la quasi totalità degli intervistati che ritiene importante che i nuovi padri si prendano tempo da dedicare ai propri figli. Proprio Londra, nelle ultime settimane, ha assistito ai cofondatori di Dad Shift, un gruppo che fa campagne in supporto del congedo di paternità, attaccare, in un gesto simbolico, bambolotti in fasce a statue di uomini in giro per la città, fra cui anche ad una statua del calciatore Thierry Henry.  

Attitudini pro-congedo emergono anche da un sondaggio del 2017 svolto dal Pew  Research Center negli Stati Uniti, che rivela come l’85% degli intervistati ritenga che i padri dovrebbero poter accedere ad un congedo in seguito alla nascita di un figlio, sebbene la maggioranza ritenga che il congedo di maternità debba restare più lungo (in linea con ogni proposta di politica discussa nel nostro paese). La maggioranza degli intervistati ritiene anche che il congedo per i padri debba essere pagato. Questo, anche secondo l’analisi Tortuga, sarebbe di primaria importanza per evitare che fattori economici limitino l’accesso dei padri al congedo.  

L’evidenza a favore dell’introduzione di un congedo di paternità più lungo è ampia: ne beneficerebbero occupazione femminile, natalità ed una più equa divisione dei ruoli all’interno delle famiglie. Inoltre, l’introduzione dei congedi è uno step importante per una politica basata sulle evidenze, in cui le esigenze dei cittadini sono al primo posto. 

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