Articolo pubblicato su Business Insider

Le elezioni europee si avvicinano eppure l’opinione pubblica continua a discutere di temi prevalentemente nazionali. Queste elezioni, più che un’occasione per contribuire a scegliere la direzione che l’Unione dovrebbe prendere, rimangono viste come “elezioni nazionali di secondo ordine”. L’Ue, nonostante i notevoli sforzi compiuti nel corso degli anni per rendersi più democratica, rimane distante e non rappresentativa.

Le idee per cambiare una struttura complessa come l’Unione e risolvere questa condizione devono essere realistiche. Presentiamo qui tre proposte realizzabili e sulle quali il mondo accademico è quasi unanime per rinforzare la democrazia europea:

  1. l’elezione diretta degli Spitzenkandidaten,
  2. la creazione di partiti transnazionali e
  3. un maggiore ruolo legislativo del Parlamento europeo (Pe).

Queste riforme, strettamente interconnesse l’una con l’altra, renderebbero più rappresentative le istituzioni comunitarie e darebbero un importante segnale che l’Unione si sta muovendo nella direzione giusta.

Elezione diretta degli Spitzenkandidaten

Nelle elezioni europee del 26 maggio, i cittadini sono chiamati a eleggere i rappresentanti al Pe. Il Parlamento è diviso in 8 gruppi politici europei, i quali hanno scelto uno o più candidati che corrono per la presidenza della Commissione europea, i cosiddetti “Spitzenkandidaten” (ossia i candidati principali). Nelle elezioni del Pe, ogni voto per un partito nazionale rientra nei conteggi del corrispondente gruppo politico europeo. Nel sistema “Spitzenkandidaten”, una volta concluse le elezioni, il Consiglio europeo (che riunisce i capi di stato e di governo) designa il candidato principale del partito che ha ottenuto il maggior numero di seggi. Se il Parlamento neoeletto approva il candidato, si ha il nuovo Presidente della Commissione europea. La procedura degli Spitzenkandidaten è stata introdotta in occasione delle elezioni europee nel 2014, con l’elezione di Jean-Claude Juncker, candidato del Partito popolare. Alla base di tale innovazione vi era un duplice obiettivo: incrementare la mobilitazione dell’elettorato e rafforzare il Pe.

Il metodo non è immune alle critiche, dato che il candidato viene imposto al Consiglio e al Parlamento con un processo decisionale guidato dai partiti nazionali, anziché dai gruppi parlamentari a seguito delle elezioni. Inoltre, secondo alcuni studi relativi alle scorse elezioni del 2014, un’ampia percentuale di cittadini (circa il 42%) non era a conoscenza dell’esistenza dei singoli Spitzenkandidatenanche a causa del processo di nomina complesso, opaco e distante dagli stessi elettori. Per rafforzare la democrazia europea occorre che la scelta avvenga alle urne, non a porte chiuse. L’introduzione di primarie su scala europea per nominare gli Spitzenkandidaten potrebbe essere un primo passo, per arrivare successivamente a un’elezione diretta del presidente della Commissione. Questo porterebbe legittimità e visibilità a una figura spesso giudicata eccessivamente tecnocratica.

Tuttavia, la procedura dello Spitzenkandidaten, per essere veramente “europea” e democratica, necessita di liste transnazionali.

Partiti transnazionali: un passaggio chiave per europeizzare la competizione politica

L’attuale struttura del sistema politico e istituzionale europeo non appare in grado di favorire soluzioni paneuropee, nonostante la portata delle sfide che si trova a fronteggiare.

Storicamente, i partiti transnazionali non sono riusciti a ritagliarsi un ruolo determinante nella competizione elettorale europea e continuano a essere poco visibili agli occhi dei cittadini. I raggruppamenti politici del Pe sono semplicemente federazioni di partiti nazionali. Per quanto siedano secondo linee ideologiche, i gruppi politici europei sono estremamente eterogenei (basti pensare che il Partito popolare, che rappresenta i conservatori, contiene sia la Cdu di Merkel che Fidesz di Orban). Inoltre, i partiti europei sono spesso spaccati da interessi nazionali contrastanti e l’affiliazione nazionale sembra prevalere su quella ideologica. Eppure, per raggiungere una genuina democrazia europea, vi è necessità di autentici partiti politici che discutano di temi europei, rappresentando e mobilitando i loro sostenitori al di là dello stato di provenienza.

L’assenza di un sistema partitico a carattere europeo influenza la competizione elettorale, generando fenomeni di cortocircuito informativo attraverso la monopolizzazione dei resoconti politici da parte dei partiti nazionali. Questi resoconti, spesso inesatti e fuorvianti, trattano le questioni europee puramente dal punto di vista nazionale. Inoltre, gli esponenti politici nazionali tendono a incolpare l’Unione per ciò che non funziona e a assumersi i meriti dei successi, causando un disallineamento tra la percezione dei cittadini europei e la realtà dei fatti. Per europeizzare la competizione elettorale non basta poter scegliere lo Spitzenkandidat: i candidati devono emergere da partiti transnazionali che riflettano un progetto politico per l’Europa di domani, e non una somma dei singoli interessi nazionali. Un sistema partitico su scala continentale consentirebbe un autentico dibattito politico su diverse visioni e proposte per l’Unione, offrendo un canale di partecipazione ai cittadini.

Un primo passo sarebbe consentire a ciascun partito politico europeo di presentare un’unica lista di candidati comune a tutti i paesi: in tale modo, un cittadino italiano e uno francese potrebbero entrambi votare lo stesso candidato, sulla base di un programma politico comune. Le liste transnazionali potrebbero essere introdotte gradualmente, consentendo innanzitutto ai candidati di correre su un unico manifesto europeo. Si potrebbe poi creare una circoscrizione elettorale paneuropea, riservata a liste transnazionali.

Un sistema elettorale costituito da liste transnazionali porterebbe a una maggiore coesione all’interno dei gruppi parlamentari e un’autentica divisione tra coalizione di maggioranza parlamentare e opposizione. La coalizione vincitrice eleggerebbe i commissari europei, legando così la Commissione a una maggioranza parlamentare (e a un mandato politico chiaro), mentre la minoranza sarebbe responsabile del controllo dell’esecutivo. Questo creerebbe un maggiore scontro di idee, che tuttavia dovrebbe essere il benvenuto, in quanto rafforzerebbe la natura democratica del Pe.

Potere co-legislativo del Parlamento europeo

Infine, perché il Parlamento europeo diventi veramente un’istituzione democratica rappresentativa rilevante per i cittadini, la posta in gioco deve alzarsi. Attualmente l’unico organo europeo col potere di avviare iniziative legislative è la Commissione. Il Parlamento ha potere di co-legislazione, ovvero approva, modifica o rifiuta la proposta legislativa d’accordo col Consiglio dell’Unione europea (composto da 28 ministri nazionali). Spesso la legislazione viene passata attraverso la procedura di negoziato informale, dove la Commissione, il Consiglio e il Parlamento dialogano fino a trovare un accordo sulla procedura legislativa, senza le ripetute “navette” tra le istituzioni della procedura ordinaria. Questa procedura sottolinea come la politica basata sul consenso porti spesso a una mancanza di trasparenza e legittimità, in quanto i preaccordi tra i tre attori non sono soggetti a dibattito in parlamento e i partiti minori rimangono esclusi.

In pratica, il Pe è un “parlamento dimezzato”, data la sua mancanza di potere di iniziativa legislativa e regole istituzionali che garantiscono maggiori poteri a Consiglio e Commissione. Il Parlamento è l’unica istituzione europea direttamente eletta dai cittadini e dunque le limitazioni ai suoi poteri si traducono nella mancanza di rappresentanza diretta dei cittadini europei nel processo legislativo. Una riforma per garantire iniziativa legislativa al Pe sarebbe quindi fondamentale non solo per rafforzarlo, ma per combattere il deficit democratico all’interno dell’Ue e avvicinare i cittadini alle istituzioni comunitarie.

Conclusione

Riassumendo, con la creazione di autentici partiti transnazionali, l’elezione diretta del presidente della Commissione, e un Parlamento dotato di più ampi poteri legislativi, si potrebbe creare un circolo virtuoso di “politicizzazione” dell’Unione. Il confronto tra diverse visioni e proposte politiche in una battaglia dei partiti per il futuro dell’Unione incoraggerebbe la partecipazione dei cittadini europei, che avrebbero finalmente una ragione per interessarsi alla politica europea.

L’Ue si trova di fronte a un dilemma. Per sua stessa natura, l’architettura istituzionale comunitaria è basata sulla prevalenza del processo decisionale del consenso. Allo stesso tempo, la mancanza di mandato politico deve essere superata cercando di coinvolgere e mobilitare maggiormente i cittadini. Una maggiore politicizzazione dell’Unione porterebbe portare maggior conflitto nelle istituzioni, ma questo potrebbe essere il giusto prezzo per creare un’autentica democrazia europea.

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