Articolo pubblicato per Linkiesta
Nonostante l’offerta in crescita da parte delle banche, nel nostro Paese meno dell’1% dei giovani usufruisce del credito d’onore. Un debito per gli studi potrebbe però aiutare le tante famiglie che sono penalizzate dalla spesa per vitto e alloggio dei figli fuori sede e alleggerire così l’onere delle tasse della retta che in Italia rimangono alte
Questo articolo è parte di una serie di due contributi di Tortuga sul tema dei prestiti d’onore per studenti universitari. Nel primo articolo proponiamo un confronto con altri paesi europei, mentre in questo presentiamo la situazione specifica dell’Italia.
Prestiti d’onore: lo stato dell’arte
I prestiti d’onore possono essere un valido strumento per finanziare gli studi, ma pochi se ne avvalgono in Italia. A fronte di un’offerta ricca, seppur frammentata, la domanda sembra essere insufficiente. Quali sono le cause?
Secondo la legge italiana, i prestiti d’onore possono essere concessi dalle banche a studenti che rispettino determinati requisiti di merito e di reddito, che rimborseranno il finanziamento a rate al termine degli studi. Recentemente è stato proposto in Parlamento il Disegno di legge n.1840, volto alla creazione della “Società dei Prestiti Studenteschi”, a partecipazione pubblico-privata, per garantire l’erogazione di finanziamenti agevolati a studenti universitari. I finanziamenti prevedono importi compresi tra i 2.000 e i 4.000 euro, da restituire tra i 2 e i 10 anni. Nel testo non sono specificate le condizioni di reddito Isee o di rendimento universitario necessari per poter accedere a questi finanziamenti; è però esplicitato che i fuori corso saranno esclusi dal beneficio.
A partire dal 2006, si sono sviluppate diverse iniziative regionali a opera degli Enti Regionali per il Diritto allo Studio Universitario, eroganti prestiti d’onore in accordo con banche del territorio. Ne è un esempio il progetto Giovanisì in Toscana, che è rivolto a studenti residenti che intendano iscriversi a una laurea magistrale, a un dottorato o a un master. Il prestito, garantito da Fidi Toscana, ha un massimale di 50.000 euro e deve essere erogato in tranches durante il percorso di studi, mentre il rimborso inizia entro un anno dall’ingresso nel mondo del lavoro. Una delle condizioni fondamentali per accedere al prestito è il merito, in particolare una laurea con votazione di almeno 100/110.
Tuttavia, le iniziative locali rimangono frammentate e non diffuse uniformemente sul territorio italiano. A livello nazionale pubblico, esiste il Fondo per il Credito ai Giovani del Ministero della Gioventù, all’interno del progetto “Diamogli Futuro”. Istituito nel 2010 e con una dotazione di 20 milioni, offre una garanzia del 70% dell’esposizione agli istituti di credito partner. Inoltre, alcune banche private offrono prestiti d’onore diversi tra loro. Ne sono un esempio Unicredit ad Honorem e Per Merito di Intesa Sanpaolo. Ne riportiamo nella seguente tabella le caratteristiche e i requisiti di merito.
Esiste domanda? Uno sguardo ai dati
Lo scarso utilizzo dei prestiti d’onore emerge anche da un confronto europeo. In Italia meno dell’1% ne usufruisce, mentre in Gran Bretagna, Olanda e nei Paesi scandinavi la percentuale è superiore al 50%, in Germania circa il 22%. Il dato, tuttavia, offre una limitata rilevanza se non si tengono in considerazione le diverse tasse universitarie nel panorama europeo.
Pertanto, vale la pena chiedersi se ci sia una domanda reale di finanziamento degli studi. In poche parole: l’università italiana è costosa? In termini di tasse universitarie, l’Italia è tra i paesi europei con il più alto contributo medio, superiori ai 1.000 euro e più alte rispetto a quelle di Francia e Germania, ma inferiori a quelle britanniche, che superano in media i 10.000 euro annui. Tuttavia, se nel Regno Unito i prestiti universitari sono diffusi, l’Italia si caratterizza negativamente per il combinato di alte tasse universitarie e bassi finanziamenti agli studenti. Il seguente grafico offre un panorama più dettagliato per quanto riguarda la distribuzione delle tasse universitarie in Italia.
Il numero degli studenti che paga più di 2.000 euro non è affatto esiguo, circa 350 mila individui, di cui quasi 60.000 paga più di 5.000 euro. In particolare, la concentrazione maggiore è in Lombardia (149.000), Lazio (72.000) ed Emilia Romagna (65.000). Questa fascia di universitari potrebbe beneficiare di un prestito, anche solo per una parte delle proprie spese. Infatti, anche se le tasse universitarie sono proporzionate all’Isee, tuttavia quest’ultimo può essere fuorviante in termini di liquidità del nucleo familiare – basti pensare al valore del patrimonio immobiliare, ampiamente diffuso in Italia. Inoltre, lo strumento potrebbe interessare alle famiglie che, sì, possono essere considerate come ceto medio, ma che si basano sul lavoro autonomo e hanno meno certezze sui redditi futuri.
Chi dovrebbe beneficiare?
Una diffusione più capillare dei prestiti universitari non dovrebbe coinvolgere gli strati meno abbienti della popolazione, da raggiungere invece con borse di studio ed esoneri, bensì il ceto medio, o comunque i nuclei familiari che hanno un Isee medio-alto per via della condizione patrimoniale, ma non di quella reddituale. In altre parole, quelle famiglie che rientrano in una classe di contribuzione anche superiore ai 2.000 euro annui, ma la cui ricchezza è per la maggior parte immobilizzata.
Inoltre, un potenziale bacino d’utenza per i prestiti universitari è costituito dai frequentanti di un master, i quali pagano in media circa 3.000 euro annui, e quasi il 15% di questi paga più di 5.000 euro. Dato che si tratta di ragazze e ragazzi che sono a ridosso dell’entrata nel mercato del lavoro, e forse spinti anche da un desiderio di indipendenza maggiore rispetto al proprio nucleo familiare, potrebbero essere tra i più interessati a meccanismi di finanziamento dei propri studi facilmente accessibili e sostenibili.
Non solo tasse universitarie: i fuori sede
Infatti, la tassa universitaria, che può essere coperta anche da borse di studio, rappresenta solo una parte dei costi universitari. Il vitto e l’alloggio sono particolarmente incisivi sul bilancio famigliare dei fuori sede. Secondo un rapporto di Federconsumatori riferito all’anno accademico 2017/2018, gli studenti fuori sede in Italia sono circa 600.000. Le spese che le loro famiglie devono affrontare sono elevate: per gli studenti che rientrano nella II fascia di reddito (Isee pari o inferiore a 10.000 euro) le spese annuali oscillano tra i 7.769 e i 9.330 euro, a seconda che si scelga una stanza doppia o singola; per gli studenti in III fascia (Isee pari o inferiore a 20.000 euro) i costi annui variano da 8.083 euro a 9.644 euro.
Un’inchiesta di Dataroom rivela che il numero di studenti fuori sede in Italia è notevolmente inferiore rispetto al resto d’Europa, citando tra le principali cause la prospettiva di una spesa media mensile ingente, che scoraggia molti giovani a trasferirsi, incidendo negativamente sulla scelta dell’ateneo.
Ripagare il prestito: la situazione dei laureati
Per capire se convenga indebitarsi per studiare, inoltre, è necessario parlare del mercato del lavoro giovanile. In altre parole, ha senso chiedere un prestito se le prospettive di ripagarlo sono incerte? Nel medio e lungo termine la laurea ripaga gli sforzi dei laureati, anche in Italia. Tuttavia, la situazione nel breve periodo non è altrettanto rosea: la società di consulenza Willis Towers Watson li stima intorno ai 23 mila euro lordi annui.
Secondo il centro di ricerca Local Opportunities Lab tra i 25 e i 34 anni avere una laurea aumenta gli stipendi nominali di circa 3 mila euro annui, controllando per altre variabili. Pertanto, come abbiamo già argomentato in un precedente articolo, il meccanismo del prestito d’onore dovrebbe prevedere una soglia minima di reddito annuo lordo al di sotto della quale il ripagamento del debito si congeli (similmente a come succede nel Regno Unito), o comunque un periodo di rientro del debito sufficientemente flessibile.
Conclusione
In definitiva, è difficile stimare quanto sia consistente la domanda di prestiti d’onore in Italia. Ciò che sappiamo, però, è che l’offerta è limitata e il bacino d’utenza è poco informato. Le ragioni per intervenire ci sono: le tasse universitarie in Italia sono relativamente alte, tante famiglie sono penalizzate per via degli immobili, e gli studenti fuori sede sono tanti. Ci auguriamo che la proposta di legge conservi l’assenza di condizionalità al merito, affinché questa misura intervenga con efficacia a includere gli indecisi nel percorso universitario.
È bene ricordare, però, che la diffusione dei prestiti d’onore non deve scoraggiare le istituzioni da implementare altre misure di agevolazione del percorso universitario. Tra le tante, nel nostro libro “Ci Pensiamo Noi”, la necessità di incrementare le risorse per le borse di studio, da ricevere a inizio anno anziché dopo i primi mesi, e quelle per il Fondo Sociale per l’Affitto, e infine istituire un punteggio centralizzato nazionale per il diritto allo studio.